lunedì 21 dicembre 2009

Auguri personalizzati

Quest'anno auguri personalizzati. Eh sì, basta con i generici "buon Natale" e "felice anno nuovo", basta con le cartoline virtuali, basta con le letterine.

Al nostro premier auguro una pronta guarigione. Lo dico sinceramente: non si meritava quello che gli hanno fatto, nessuno se lo merita, anche se è un lazzarone. La violenza non è mai uno strumento per fare politica. Che possa rimettersi al più presto, dunque, ma che la smetta anche di fare il poverello d'Assisi in odore di santità. Che pensi di più all'Italia e agli italiani, piuttosto, e di meno a se stesso.

Alla nostra Terra auguro di trovare in futuro governanti un po' meno ottusi e miopi, perché è l'unico posto per vivere che abbiamo e perché dobbiamo pensare anche a chi verrà. Che poi sono i nostri figli, i nostri nipoti e via dicendo.

A tutti coloro ai quali voglio bene auguro una vita lunga, piena e felice, allietata dal dono della buona salute e di una coscienza sempre vigile, nobilitata dal rispetto degli altri e arricchita dal senso dell'ironia. Mai prendere troppo sul serio le cose, si rischia di diventare noiosi.

A me stesso auguro di rimanere come sono, di testa e di corpo. Mi basta quel che ho e non voglio diventare né più saggio né più maturo. Se potessi vorrei diventare un po' più bambino e vedere il mondo con gli occhi di un bambino, gli occhi dell'innocenza, ma l'innocenza è una dote che si perde crescendo, purtroppo, e questa perdita non è mai compensata abbastanza da ciò che si guadagna.
Disse Charlie Chaplin "la giovinezza sarebbe un periodo più bello se solo arrivasse un po' più tardi nella vita". Non aveva mica torto.

giovedì 10 dicembre 2009

Pubblicità natalizie

Si avvicinano le feste di Natale e cominciano a imperversare le pubblicità che più mi infastidiscono: non tanto quelle che reclamizzano panettoni, torroni e altre prelibatezze gastronomiche, quanto quelle che si riferiscono a prodotti da scegliere come regalo per le festività, un'occasione in cui si presume che la gente abbia più soldi da spendere (ma sarà vero, quest'anno?). Profumi, in primo luogo, di marchi alla moda di cui non cito i nomi, tanto li conoscete bene.

Se ci avete fatto caso, gli spot si assomigliano tutti. Primo elemento ricorrente: parlare in francese, quasi che il profumo sia un'esclusiva d'oltralpe. Secondo elemento ricorrente: protagonisti giovani, un po' eterei, efebici, ambigui, con una spruzzatina di malizioso erotismo, omo o etero non importa. Terzo elemento ricorrente: l'uso insistito del bianco e nero, forse perché fa un po' retro e sottolinea il mistero sotteso alla storia. Quarto elemento ricorrente: colonna sonora con musica classica o comunque raffinata, dona quel tocco di eleganza che non guasta mai. Forse ce ne sono altri, ma in questo momento mi sfuggono.

Target: un cliente con i soldi, magari solo quelli della tredicesima, un po' becero e privo di immaginazione, ma che non regalerebbe mai il Pino Silvestre Vidal perché non è chic. Vuoi mettere? Se regali uno Chanel, anche a una persona che usa un altro profumo o che magari non lo usa affatto, ti sei garantito una bella figura, perché così vuole la logica del consumismo al giorno d'oggi. Conta il nome, non il prodotto. E poco importa se è caro. Anzi, questo è un'ulteriore prova di qualità, perché un buon prodotto non può costare poco (ma chi l'ha detto?). Esiste un sistema migliore per turlupinare la gente?  Vendergli a caro prezzo, oltre al prodotto, anche l'illusione di uno status superiore. Chi l'ha inventato è un genio.

Ma poi che sarà mai? A Natale siamo tutti più buoni e più generosi, spendiamo anche per salvare il made in Italy, poi a gennaio si stringerà la cinghia.

Ah, dimenticavo: ancora imperversa il vecchio spot dell'amaro Montenegro. Vi ricordate? Quello degli amici che devono salvare l'antico vaso. Saranno vent'anni che lo vedo e non è mai cambiato. Almeno il signor Montenegro può dire di aver speso poco in pubblicità. Meglio di lui solo il signor Cinghiale, con lo spot del grande pennello che circola ormai da quarant'anni.

Barbara, nipotina mia, ci sei? Non dirmi che parlo male del tuo lavoro, perché non è così. Anzi, i creativi sono degli straordinari affabulatori, pieni di idee e di fantasia. Sono i committenti che mi stanno proprio in quel posto...

giovedì 3 dicembre 2009

Chiudo il discorso sui compleanni

Chiudo il discorso sui compleanni, così per almeno un anno non ne parliamo più.

Ieri ho commemorato il mio. 63 anni portati discretamente, con qualche acciacchetto ma per fortuna con la testa ancora lucida. Da tempo sostengo che a quest'età non c'è più niente da festeggiare, ma questo non significa che la vita sia finita. Certo, invecchiando non si migliora come il buon vino, ma vale sempre la pena di andare avanti, se non altro per curiosità, per vedere quello che ci aspetta.
Pensateci. Ogni giorno può succedere qualcosa. Una nuova invenzione, un nuovo evento, una nuova scoperta, un nuovo prodotto dell'ingegno. Il domani è sempre aperto: si può vincere alla lotteria (se la si gioca, ovviamente) o si può morire di un colpo secco (facciamo le corna). Domani può piovere o può esserci il sole. Domenica la mia Roma può vincere o perdere il derby. Potenzialmente tutto è possibile, c'è un'intera gamma di varianti che possono indirizzare la nostra vita in una direzione o nell'altra, farci diventare allegri o tristi, farci prendere delle decisioni in un senso o nell'altro, che ci porteranno teoricamente chissà dove.

Naturalmente quasi sempre non succede niente di eclatante. Le giornate, con l'approssimarsi della vecchiaia, sembrano un po' tutte uguali, e si finisce con l'adagiarsi in un sereno tran tran che se da una parte può sembrare noioso, dall'altra diventa in qualche modo rassicurante, offrendoci quantomeno delle certezze.

E così ieri, nella mia consueta e breve navigatina casalinga in Internet, ho scoperto con mia grande sorpresa di aver ricevuto tante manifestazioni di auguri. Da Enel, per esempio, e da Vodafone, nonché da un curioso sito (MyHeritage) nel quale ognuno si può costruire il proprio albero genealogico. Per la mia famiglia se ne sta interessando mio cugino Egisto di Terni, che mi segue sempre con affetto (ricambiato). E' bello vedere che qualcuno ogni tanto si ricorda di te...

Anche in Facebook molti mi hanno fatto gli auguri, amici e parenti. Potenza di uno strumento che proprio in questi giorni, come si può leggere nel sito, ha raggiunto i 350 milioni di utenti in tutto il mondo. Qualcosa tipo 6 italie messe insieme, neonati compresi. Internet cresce a ritmo esponenziale, e insieme a lui tutto il mondo che gli gira intorno.

Ecco, bastano questi numeri per farmi venir voglia di campare in eterno e non solo i miseri ...anta che la vita mi concederà.

giovedì 26 novembre 2009

La memoria e le sue bizzarrie

Prima di tutto una correzione al mio precedente post. Il mitico bibitaio che scorazzava per gli spalti dell'Olimpico negli anni sessanta si chiamava Gasperino, e non Angelino come ho erroneamente scritto. Da cui la frase con cui veniva sempre accolto dai tifosi di entrambe le fedi: "Ammucchia, Gasperi'...". Ringrazio mio fratello per avermelo segnalato. Eh, la mia memoria non è più quella di una volta.

Ho già avuto occasione di parlare una volta della memoria e delle sue bizzarrie. Esistono delle cose che si ricordano per sempre, anche se risalgono a uno scatafascio di anni fa. Il fatto è probabilmente dovuto all'abitudine di un tempo di imparare le cose a memoria, diciamo pure a pappagallo, da "Cantami o Diva l'ira funesta del pelide Achille che infiniti lutti addusse agli Achei" alle preghiere che ci insegnavano a scuola, soprattutto a me che ho fatto le elementari dalle suore, per finire con le parole dell'inno di Mameli, uno dei testi più orrendi che mente umana abbia mai concepito. Ma voi avete mai capito che diavolo significa "... le porga la chioma, che schiava di Roma Iddio la creò"?

Tra l'altro sembra un inno del fascismo, e invece risale al 1847. Chi non lo conosce a memoria, almeno fra coloro che hanno una certa età? Ed è buffo vedere i calciatori della nazionale italiana che evidentemente non lo conoscono bene, e si limitano a masticarlo quando viene suonato all'inizio di una partita.

Gli americani, invece, ci tengono eccome al loro inno. Perché loro il senso della nazione ce l'hanno più di noi e anche perché, diciamoci la verità, The Star-Spangled Banner è un po' più bello di Fratelli d'Italia.

Qualche anno fa ci fu un certo dibattito sull'opportunità di sostituirlo, e qualcuno propose addirittura la Marcia trionfale dell'Aida, poi non se ne fece nulla. Certo che la musica del maestro Giuseppe Verdi è tutt'altra cosa rispetto a quella del maestro Michele Novaro.

Ma sto divagando. Quando andavo allo stadio Olimpico non c'era ancora l'inno della Roma di Venditti, i calciatori non avevano il nome sulla maglietta e i numeri andavano dall'1 all11. Lo schema era semplicissimo: un portiere, due terzini, tre mediani, due ali, due mezze ali e un centrattacco. Senza tante pugnette tattiche come oggi. Fino agli anni sessanta, se un giocatore si faceva male non poteva essere sostituito e doveva rimanere in campo. Lo si metteva in genere all'ala sinistra, dove bivaccava claudicando, e in generale veniva ignorato dagli avversari perché ritenuto innocuo. Così qualche volta ci scappava il gol dello zoppo. Me ne ricordo uno di Giacomino Losi, di testa. E non era un gigante.

Altri tempi, quando le righe si facevano con la polvere di calce e il pallone era ancora di cuoio, rigorosamente color cacca.

Meglio, peggio? Giudicate voi. Sicuramente diverso, ma per fortuna quei ricordi sono ancora nella mia testa e nel mio cuore.

mercoledì 18 novembre 2009

Tanti auguri a mio fratello

Visto che parliamo di compleanni, eccone un altro.

Oggi compie gli anni mio fratello Stefano. Vi ho mai parlato di lui? Forse no, e invece lo merita. Perché è più simpatico di me, più vivace di me, più bello di me. Io sembro serio, ma non lo sono. Lui è serio, ma non lo sembra. Io sono un modesto bibliotecario in una modesta città di provincia, lui è un brillante funzionario di una multinazionale a Roma. Guadagna molto più di me, si fa un culo così e fra un po' andrà in pensione.

Siamo sempre andati d'accordo, anche se siamo due caratteri diversissimi (o forse proprio per questo). I quattro anni di età che ci separano (lui è più piccolo) non sono stati un problema fino al periodo dell'adolescenza. A quel punto il gap è diventato significativo e ognuno se ne è andato per la strada sua. Però, anche se da tanto tempo abitiamo lontani e ci vediamo poco, fra noi c'è sempre stato un profondo affetto e molta stima.

Ha un solo difetto: è laziale. Lo è pur essendo nato in una famiglia di romanisti, probabilmente per semplice spirito di contraddizione. Ci siamo sfottuti fino allo sfinimento e rimpiango ancora quei beati momenti di sana passione calcistica. Erano i tempi in cui si entrava senza problemi allo stadio col panino in tasca e la radiolina all'orecchio, nessuno ti perquisiva come se fossi un delinquente, poi ci si sedeva sulle scomode panche di legno dell'Olimpico e si tifava liberamente per la propria squadra. C'era ancora il mitico Angelino che vendeva il caffè dello sportivo (le bottigliette di Borghetti), e verso Monte Mario si vedevano i tifosi più sfigati che si arrampicavano sulla Madonnina per sbafarsi la partita da un quattro-cinquecento metri di distanza. Adesso la Madonnina è caduta, travolta dal vento e forse dalla vergogna di assistere a un calcio mortificato e svenduto agli sponsor e agli approfittatori.

Stefano continua ancora ad andare allo stadio, io non più, ma la fede è rimasta la stessa, sia pure in presenza di una situazione poco rosea per entrambe le squadre. Se Stefano piange, Maurizio non ride.
Che ci volete fare? E' la vita.

mercoledì 11 novembre 2009

Tanti auguri a Rose

L'11 novembre è nato Leonardo Di Caprio. L'11 novembre è nata Demi Moore. L'11 novembre è nata Alessia Marcuzzi. L'11 novembre di qualche anno dopo è nata Rose (in arte Huei-hsin Chen - Francesco correggimi se sbaglio), mia nuora. E' in buona compagnia.

L'11 novembre è anche chiamata la festa dei cornuti, e naturalmente spero che questo non sia vero per lei, anche se pare che la cosa si applichi solo ai mariti. Sembra infatti che nel giorno dedicato al santo (San Martino, quello che regalò il suo mantello al povero infreddolito) si svolgessero in molte località fiere di bestiame. E così, mentre il marito andava alla fiera, la moglie si consolava a casa con qualcun altro.

Questo almeno dice la leggenda, che come tutte le leggende va presa "cum grano salis". In realtà a novembre (non solo l'11, per fortuna) si mangiano le castagne e si beve il vino novello, tutte prelibatezze che, ahimé, Rose non può gustarsi, e nemmeno suo marito, e in futuro nemmeno Lolo.
A novembre si dovrebbero anche raccogliere le olive, ma io non l'ho fatto perché sugli alberi ce n'erano poche, e poi non avevo voglia di affaticarmi. Lo sapete che significa raccogliere le olive col freddo, con l'umidità, magari con la pioggia?

Tutto questo divagare è semplicemente un pretesto, in effetti, per dirvi che oggi (a Taiwan quasi ieri) la mia dolce Rose festeggia il suo compleanno. Alla sua età si può ancora festeggiare. Io ormai mi limito a commemorare.

Naturalmente le ho già inviato una cartolina virtuale, ma mi piaceva l'idea di ricordarla anche nel mio blog.

Rose è una mamma esemplare, una moglie esemplare (almeno spero) e una nuora esemplare. Che si può volere di più dalla vita? E non rispondetemi "un Lucano" che vi stacco le corna!
Tanti auguri, Rose!

lunedì 2 novembre 2009

I vizi degli uomini di potere

Ma basta con queste storie di transessuali, di amicizie particolari, di escort, di vizietti più o meno occulti degli uomini di potere! Non se ne può più! Che palle!

Diceva bene ieri un giornalista (Battista, se non vado errato) quando affermava che non c'è più dibattito politico sui giornali. Si parla solo di sciocchezze, di scandalucci da quattro soldi, ci si sguazza dentro, si fanno concessioni a un deprecabile voyeurismo e ci si dimentica di affrontare i temi forti della politica. Ci si dimentica che sono altre le cose che contano. Non ci si scandalizza nemmeno perché il nostro premier si è attaccato alla poltrona con il vinavil ed è disposto a governare anche dalle patrie galere, nell'eventualità (mai così tanto auspicata, ma, ahimé, remota) che prima o poi ci vada a finire.

Il povero M'arrazzo ha fatto la figura del coglione, e prima di lui tanti altri. E il problema non è tanto che abbia tendenze sessuali di un certo tipo (sono affari suoi e della sua famiglia, in definitiva), ma che si sia fatto cogliere con le mani nel vaso della marmellata. Che sia diventato ricattabile. Insomma, che si sia messo da solo nell'impossibilità di governare, tradendo così il mandato dei suoi elettori. E lasciando nella cacca un partito che già di grane ne ha fin troppe.

Ma dico io, ti piace fare certe cose? OK, allora mettiti una bella barba finta, una parrucca, un cappottone e vacci da solo nel cuore della notte, senza farti vedere da nessuno. E invece che ti fa, il buon M'arrazzo? Si fa accompagnare addirittura con l'auto blu! Ma per piacere, allora te la sei cercata! Tanto vale andare in giro con scritto sulla fronte: sono un babbeo.

Se infine mi passate una personalissima concessione al pettegolezzo (ma qui lo dico e qui lo nego), vi confesserò che almeno in questo preferisco Berlusconi. Solo gnocca autentica per lui. Chiamalo scemo!

sabato 24 ottobre 2009

Sta tornando l'ora solare

Non avendo nulla di particolarmente significativo da dire, applico il vecchio adagio secondo cui se non si ha nulla da dire è meglio tacere.

Vi ricordo con rammarico che stanotte tornerà l'ora solare. Non dormirò un'ora in più, come affermano tutti, perché tanto domani è domenica e posso svegliarmi all'ora che mi pare. Però avrò un'ora di sole in meno e mi troverò scaraventato con violenza nell'inverno imminente. E' ora di andare in letargo.

sabato 17 ottobre 2009

Il futuro energetico della mia casa di campagna

Ho grandi programmi per il futuro energetico della mia casa di campagna, e ne sarà contenta la mia amica Melaverde.

Per il momento metto una bella sfilza di pannelli solari, così divento un produttore di energia elettrica. Consumo tutta quella che mi pare, e l'eccedenza me la compra Enel. In sette anni ho ammortizzato la spesa, e per i successivi tredici (contratto alla mano) avrò un introito extra garantito.
La casa è esposta perfettamente a sud e non devo chiedere permessi a nessuno. Dall'anno prossimo la corrente non mi costerà un euro, non avrò problemi di black-out o di interruzioni per manutenzione (tre volte negli ultimi sette giorni).

Ma non finisce qui. La prossima mossa sarà il solare termico. Un altro pannello e l'acqua calda garantita per sempre. Poi mi compro una bella cucina a induzione ed elimino definitivamente l'uso del gas.

Non inquino, risparmio, non ho cattivi odori e sono autosufficiente. Vi pare poco?
Spero solo di vivere abbastanza per godermi i benefici di tutto questo. Non chiedo tanto, solo un'altra ventina d'anni...

sabato 10 ottobre 2009

Prescrizione per Berlusconi

A pensarci bene era quasi inevitabile.

Se l'articolo 3 della Costituzione afferma che tutti i cittadini sono uguali di fronte alla giustizia, non si capisce per quale motivo ce ne debbano essere alcuni (quattro, per la precisione) che vengono sottratti a questa norma. L'idea che i nostri uomini politici (anche se si tratta delle più alte cariche dello stato) possano in qualche modo godere di una sorta di impunità/immunità per eventuali reati da loro commessi è semplicemente aberrante. Anzi, da loro ci si aspetta che siano specchi di virtù, esempi per tutti coloro che essi governano, anzi dai quali hanno ricevuto il mandato a governare.
In un paese civile sarebbe così. In un paese civile non ci sarebbero nemmeno imputati o addirittura condannati in via definitiva nelle aule di Montecitorio e di Palazzo Madama. In un paese civile non ci sarebbe posto al governo per un uomo che ha subito un'infinità di processi per i reati più vari, quasi tutti conclusi per sovvenuta prescrizione. A mio modo di vedere una prescrizione non equivale a una dichiarazione di innocenza. Il dubbio rimane perché non c'è stata una sentenza in fatto di colpevolezza o meno, ma solo la scappatoia di un cavillo legale. Tra l'altro qualcuno mi deve spiegare come si concilia l'idea stessa della prescrizione in un paese come l'Italia nel quale i processi hanno tempi biblici e chi ha i soldi per pagarsi dei buoni avvocati (200 milioni di euro, ha speso in vertenze legali il nostro cavaliere senza macchia e senza paura per sua stessa ammissione) trova sempre il modo per cavarsela. Il suo galoppino Ghedini ha affermato che sono già al lavoro per mettere i bastoni fra le ruote alla giustizia nei due processi che improvvisamente si sono riaperti. Tutto legale, per carità, le leggi lo consentono. Intanto quasi un anno e mezzo lo hanno già guadagnato.
Be', che dire? Una cosa è certa. Per me uno che si salva il culo grazie ai cavilli giuridici non è innocente. Ma forse il cavaliere sta incominciando a pensare che non gli andrà sempre tutto liscio e che a furia di fare il furbo troverà prima o poi qualcuno più furbo di lui che lo concerà per le feste. Non si spiegherebbero altrimenti le sue reazioni sgangherate alla bocciatura del Lodo Alfano, gli insulti rivolti a questo e a quello e le sue patetiche esibizioni di machismo alla Chuck Norris.
Il problema casomai è che purtroppo in Italia non esiste una valida alternativa politica. Buttiamo giù dalla torre Berlusconi e poi che facciamo? Ma questa è un'altra storia.

sabato 3 ottobre 2009

Libertà di stampa in Italia

Ma in Italia questa benedetta libertà di stampa c'è o non c'è? In teoria c'è. Non siamo arrivati alla censura o alle veline, non ancora. I giornali scrivono quello che gli pare, e coloro che vengono chiamati in causa sbraitano e rispondono a suon di querele. Santoro ancora non lo hanno cacciato via, e la sua trasmissione sfonda l'audience con un'edizione degna di Novella 2000.

Tutto a posto, allora? Non direi. Il fatto è che è sbagliato l'approccio. Non dobbiamo domandarci se ci sia la libertà di stampa (o meglio, di espressione): dobbiamo domandarci se c'è gente che di questa libertà sa che cosa farsene. Tutti sono schierati, da una parte o dall'altra, si solleva un gran polverone di qua e di là e poi tutto torna come prima. Paga solo qualche pesce piccolo, tipo Boffo. Gli altri se ne sbattono le tasche, tanto sono e resteranno impuniti (in tutti e due i significati linguistici).
Nessuno si scandalizza che una legge ingiusta (sfacciatamente ingiusta) come quella sullo scudo fiscale passi con venti volti di scarto e una trentina di parlamentari dell'opposizione che non hanno partecipato al voto. Ma ci stanno prendendo per il culo? Prima fanno fuoco e fiamme (a parole) per contrastare l'approvazione e poi si dileguano al momento del voto? Come può essere credibile un'opposizione così? Evidentemente sono tutti d'accordo. Con la sola eccezione, forse, di Di Pietro che però ha sempre il torto di esprimere sguaiatamente il suo punto di vista.

Che speranze abbiamo, con una classe politica come questa?

sabato 26 settembre 2009

Oggi parlo di film

Oggi parlo di film. Come forse avrete già capito amo la fantascienza, l'horror, lo splatter, il trash, l'azione. Tutta roba che non fa pensare, insomma, da gustarsi con la classica coca cola e il piattone di pop-corn. Stacco il cervello e mi rilasso.

Cominciamo con un film che ha fatto molto discutere e ha suscitato reazioni molto forti: Martyrs, di Pascal Laugier. C'è gente che al cinema si è sentita male, ha vomitato, imprecato, protestato. In effetti ci sono scene di bassa macelleria che possono turbare, ma quello che in definitiva colpisce di più è il concetto di sofferenza elevato al rango di strumento mistico di conoscenza. C'è sangue, ci sono torture, mutilazioni, c'è sopraffazione fisica e psicologica, ma il tutto in qualche modo nobilitato da un assunto filosofico di fondo che riesce a riscattarne la violenza. Una violenza peraltro fredda, chirurgica, da sala operatoria, senza compiacimento. Un film per stomaci forti, ma sul quale meditare.

The Mist, di Frank Darabont, ripropone quella che sembra l'ennesima situazione claustrofobica di un gruppo di persone all'interno di uno spazio chiuso, al di fuori del quale premono per entrare mostruose creature di non ben precisata provenienza. Alla lunga, però, ci si accorge che c'è qualcosa di più: il tentativo di analizzare le reazioni di questo gruppo di fronte alla pressione e alla minaccia dell'ignoto. La bestia che è dentro di noi è sempre pronta a prendere il sopravvento, cancellando l'apparenza di umanità e sgretolando ogni forma di razionalità. Con un finale da shock.

Molti trekkers (per i non addetti: gli appassionati di Star Trek) forse avranno storto il naso di fronte al film di J. J. Abrams (Star Trek. Il futuro ha inizio) che narra le vicende di un Kirk e di uno Spock poco più che ragazzi e si pone come la premessa (del tutto personale) della saga. Abrams (il genio che sta dietro telefilm come Lost e Fringe e film come Cloverfield) non è, per sua stessa ammissione, un fan di Star Trek e questo gli ha consentito di lavorare con tutto il distacco necessario. Non abbiamo più di fronte degli eroi immacolati e pieni di alti ideali, ma degli uomini in carne e ossa con tutti i loro limiti (specialmente Kirk): una sorta di de-sacralizzazione che, unita a un approccio visionario, ribalta completamente l'immagine consolidata in dieci film, cinque serie e circa 600 episodi.

Mi ha poco convinto, invece, il quarto episodio della saga di Terminator (Terminator Salvation, di Joseph McGinty Nichol), e non solo perché il buon Schwarzenegger qui è assente. Cupo e desolato, il film non rispetta se non in minima parte il consueto canovaccio già sperimentato con successo nei primi tre episodi: Sarah Connor-John Connor contro il terminator cattivo di turno. In questo caso la vicenda si svolge in quel futuro che si cercava di evitare, dove le macchine hanno preso il sopravvento e gli uomini lottano disperatamente per sopravvivere, e la storia, un po' raffazzonata, si dipana zoppicando, sempre in bilico fra azione e riflessione, e a volte nemmeno i buoni effetti speciali riescono a ravvivarla. Il brutto è che sono previsti altri due seguiti...

Chiudo con delizioso film coreano (2009. Memorie perdute di Si-myung Lee) in cui si narra di un presente alternativo in cui la Corea è diventata una provincia del Giappone che ha vinto la seconda guerra mondiale alleandosi con gli Stati Uniti. Ma la storia è stata falsificata, e la chiave di tutto è in un evento del 1909 e in un congegno che consente di viaggiare nel tempo per cambiarlo. Anche con un finale un po' confuso, è un film che avvince e stupisce.


giovedì 17 settembre 2009

Altri sei morti italiani in Afghanistan

Altri sei morti italiani in Afghanistan.

Al di là della pietà umana per loro e per le loro famiglie, non posso fare a meno di osservare che si tratta di militari professionisti spediti in un luogo di guerra dietro loro esplicita richiesta, e dunque profumatamente pagati per svolgere questo incarico. Che comporta dei pericoli. Un po' come un pilota di Formula Uno: sa benissimo che il suo è un mestiere a rischio e dunque se gli succede qualcosa deve prendersela solo con se stesso.

Questi piccoli rambo, probabilmente ragazzi che non avevano altre opportunità nella vita, hanno perso la vita in una guerra che non gli apparteneva, e certamente erano convinti di fare la cosa giusta. Però una guerra è sempre una guerra, specialmente questa, che si combatte a colpi di autobombe e di attentati, e il rischio di lasciarci le penne è sempre dietro l'angolo.
Si potrebbe poi discutere sull'opportunità dell'intervento militare italiano in Afghanistan. Personalmente sono convinto che una democrazia non si esporti, né si imponga con la forza delle armi: deve nascere spontaneamente dal basso, dai cittadini, sulla spinta stessa di legittime esigenze di libertà e di giustizia. Ma dal momento che in quella parte del mondo la libertà e la giustizia sono concetti del tutto personali, il più delle volte condizionati da interessi nemmeno troppo nascosti o dal fanatismo religioso, allora devo aggiungere che sì, può anche essere giusto aiutare chi non ce la fa da solo a trovare la strada. In questo senso mi trovo d'accordo con le tante missioni umanitarie e di sostegno a ogni processo di crescita democratica. Compreso quello italiano in Afghanistan.
Purché sia chiaro a tutti che non è una passeggiata, e che può anche succedere che qualcuno perda la vita. Non è un eroe, ma semplicemente uno dei tanti caduti sul lavoro.

venerdì 11 settembre 2009

Otto anni fa, le Torri Gemelle

Otto anni fa ci siamo scoperti all'improvviso vulnerabili.

L'attacco alle torri gemelle di New York è stato un attacco alla nostra presunzione di superiorità, e il loro crollo è stato il crollo delle nostre secolari certezze. Tutto a un tratto abbiamo toccato con mano l'esistenza di un intero mondo di disperati che non hanno nulla da perdere e che sono animati solo da pulsioni elementari e da ideali, perversi quanto si vuole, ma pur sempre ideali. Proprio quelli che noi stiamo perdendo, tramortiti dall'opulenza e dall'effimero. E così ci siamo accorti che intorno a noi c'è una sterminata manovalanza umana disposta a tutto, che nelle mani di gente senza scrupoli si trasforma in una minaccia permanente ai nostri privilegi e al nostro benessere. La guerra santa degli straccioni rischia di essere l'evento che caratterizzerà il primo secolo del terzo millennio, durante il quale verranno al pettine diversi nodi dei quali non ci siamo preoccupati a sufficienza, se non negli ultimi anni, in primis l'esaurimento delle fonti energetiche tradizionali, dell'acqua, del cibo. E non c'è niente che possa fermare un esercito di affamati e di assetati che preme alle nostre frontiere, né leggi né armi. E' come un fiume in piena che rischia di travolgere tutto.

Che cosa abbiamo da opporre alla forza bruta della fame, della povertà e del fanatismo religioso?

giovedì 3 settembre 2009

Un mondo paranoico

Viviamo in un mondo che sta diventando paranoico. E non mi riferisco alle isterie del nostro premier, che pure meriterebbero un discorso a parte. Ma, poverino, ce l'hanno tutti con lui, perciò stavolta lo lascio in pace.

No, mi riferisco alla moda (ma vogliamo chiamarla mania?) del salutismo a tutti i costi. Nata sull'onda lunga del mai troppo deprecato movimento New Age, sta dilagando come un'onda in piena: dal fitness (ma vogliamo chiamarlo benessere?), con gente che fa jogging in mezzo al traffico, palestre e centri di abbronzatura che nascono come funghi, all'alimentazione (l'altro giorno ero in un supermercato e ho contato uno scaffale con cinque ripiani - per un totale di circa quindici metri lineari - tutti dedicati agli yogurt e prodotti similari, mentre il buon vecchio latte è relegato in un angolino con un paio di metri di scaffali se va bene), dall'igiene personale (Amuchina portatile per lavarsi le mani in continuazione, il Napisan che una volta serviva a pulire i pannolini dei neonati e oggi igienizza anche gli alimenti, perché naturalmente non basta sciacquare frutta e verdura sotto l'acqua corrente, ci mancherebbe) a tutta una serie di pratiche alimentari che vanno dal semplice vegetarianesimo (che a me già fa rabbrividire, ma vabbe', lo rispetto perché dietro c'è un'ideologia condivisibile) per arrivare ai modi più estremi per farsi del male (tipo il veganesimo, la macrobiotica, il digiuno terapeutico e via dicendo). Tanto vale nutrirsi con una bella  flebo nel braccio.
E così se vai in giro a dire che ti sei mangiato una magnifica bistecca alla fiorentina o un bel piatto di bucatini all'amatriciana, poco manca che ti prendano per matto. Se poi ci aggiungi che hai innaffiato il tutto con un bel quartino di vino, apriti cielo! Io, personalmente, ci aggiungo spesso anche un bicchierino di limoncello, ma non ditelo in giro altrimenti qualcuno potrebbe lapidarmi.
E poi: la birra analcolica, il latte ad alta digeribilità, la Coca-Cola senza zucchero o senza caffeina, integratori alimentari, regolatori dell'intestino, la pasta di riso, l'olio di riso, le bistecche di soia, il latte di soia, il formaggio di soia, la riscoperta di strani prodotti della terra che erano giustamente caduti nel dimenticatoio, e il diluvio di prodotti integrali, venduti a prezzi offensivi anche nelle farmacie. Già, perché l'industria del salutismo ci si ingrassa alla grande.

A proposito di farmacie: adesso proliferano anche le cosiddette parafarmacie, perché le persone hanno sempre bisogno di mandar giù qualche medicinale, anche quando stanno benissimo e il loro organismo (o magari il semplice buon senso) potrebbe fornirgli tutto quello che occorre. Un po' come la coperta di Linus: se non ce l'hanno si sentono perduti.

E poi lo zucchero! Qualcuno usa ancora lo zucchero? Io non vedo più nessuno che metta lo zucchero nel caffè. Magari un dietor, o lo zucchero di canna o qualche altra porcheria. Oppure rigorosamente amaro.

Insomma, pian piano stanno scomparendo tutti i sani, semplici piaceri della vita. Il palato è diventato un optional che non si sa bene a che serva. Si vuole campare più a lungo, ma in modo quasi ascetico, punitivo, e così la vita perde sapore, e allora che gusto c'è?

giovedì 27 agosto 2009

Prime impressioni su Facebook

Ho aggiornato il mio parco foto e ho eliminato quelle vecchie. Alcune foto si trovano anche su Facebook, dove bazzico da qualche settimana senza troppo entusiasmo.

Ogni volta che accedo è un po' come entrare in un salone affollato in cui tutti parlano e non si capisce niente. Le conversazioni si incrociano e si sovrappongono, i gruppi di persone si modificano, molti commentano, molti rispondono ai commenti; c'è chi posta foto, chi filmati, chi musica, e ho il forte sospetto che qualcuno bivacchi perennemente in rete, non avendo evidentemente niente di meglio da fare. E' un porto di mare, un luogo di incontro, sì, di scambi e di comunicazione, ma anche di cazzeggio, spesso con quell'insopportabile linguaggio fatto di ke, x, parole smozzicate, tutta roba che sta lentamente uccidendo la lingua italiana.

E poi c'è quel minaccioso riquadro sempre presente in testa alla pagina: a cosa stai pensando? Sapete quante volte ho avuto la tentazione di rispondere "sono cazzi miei, a te che te ne frega, brutto stronzo?", ma poi non l'ho fatto perché in fondo sono una persona educata. Però è una presenza inquietante, quella scritta, una specie di Big Brother che vuole conoscere i tuoi pensieri per farne chissà che.

Certo, è anche piacevole entrare e ritrovarsi in compagnia di persone che in qualche modo si sono scelte: amici, si chiamano, anche se per lo più, nel mio caso sono parenti anche stretti. E così mia nipote Barbara cerca chi vende una fisarmonica (per farne che?), mio nipote Marco Valerio scrive cose senza senso, ma lo fa con un fine umorismo, Chiara e Sharon si lamentano dei dolci tedeschi dopo essersi abboffate di quelli italiani e Fabrizio Tropeano impazza con i suoi annunci bassamente interessati (a proposito, Fabrizio, stai meglio con i capelli che senza).

Il futuro è qui? Non saprei, e spero di no, ma nello stesso tempo spero che Facebook sopravviva e non soccomba alla sua stessa ipertrofia bulimica. E' comunque uno spazio libero, e come tale va difeso. Sta a noi farne buon uso.

mercoledì 19 agosto 2009

Nulla è cambiato intorno a me

Anche Chiara è ripartita.

Mi guardo un po' intorno e vedo che nulla è cambiato. Non solo in politica, dove peraltro sembra piuttosto attuale la famosa battuta di Tomasi di Lampedusa ne Il Gattopardo (cambiare tutto per non cambiare nulla perché tutto resti come prima) ma anche nella vita quotidiana, con i consueti allarmismi sul caldo e sul traffico, le amenità balneari, cui si deve aggiungere la sempre più frenetica corsa al famigerato 6 del Superenalotto, che non esce mai, e che spero non esca mai, così il popolo bue forse se la pianterà di regalare soldi allo stato.

Quanto alla politica, ho l'impressione che il rozzo (ma forse non ancora del tutto rincoglionito) Bossi si stia divertendo a gettare sassi nello stagno. Getta il sasso e ritira la mano, ma intanto si parla di dialetti, di inni regionali e di altre minchiate del genere, e così la sua Lega guadagna consensi, e nel contempo ci si avvia verso un'Italia sempre più divisa, direi prerisorgimentale, in una sorta di Spedizione dei Mille al contrario volta a restaurare un Ancien Regime che fa comodo a molti. Berlusconi si gratta infastidito le sue piccole rogne da libertino non dichiarato, il PD si domanda ancora chi sia e che cosa voglia veramente (speriamo che lo capisca almeno prima del 2013), e tanto per gradire stanno già cominciando a cementificare l'Abruzzo (qualcuno ne dubitava?) santificato dal G8 e già sacrificato sul'altare della ricostruzione a tempo di record.

Quanto al Superenalotto, invece, non posso fare a meno di notare come la faccenda stia veramente diventando scandalosa. C'è gente che si indebita, che si vende la macchina, la casa, la liquidazione, magari la moglie o la figlia. Non glielo ha ancora spiegato nessuno che le probabilità di vincere sono infime? E se anche qualcuno vincesse quei famigerati 140 milioni, che se ne farà? Che cosa diventerà la sua vita, dopo? Dovrà campare in eterno senza mai rivelare a nessuno, o quasi, la fortuna che gli è capitata, diventerà un clandestino, un fantasma senza identità, oppure magari dovrà trasferirsi in qualche paradiso fiscale. Diventerà un ricco emigrante che camperà di rendita e morirà di noia, nella migliore delle ipotesi.

Per quanto mi riguarda non ho mai nemmeno comprato un gratta e vinci, e ne vado fiero.

lunedì 10 agosto 2009

Lorenzo è ripartito

Passata l'ubriacatura nipotale (Lolo & C. sono tornati sani e salvi nella solatia Taiwan) torno alle usate cose. Con qualche punto fermo.

Lolo è un buon nipote.

Io posso essere un buon nonno.

Lolo tornerà in Italia spesso, prevalentemente d'estate, perché questo è l'orientamento dei suoi illuminati genitori.

Al di là della mia tendenza alla reclusione ho scoperto di essere in grado di organizzare un'accoglienza decente per parenti e, perché no?, amici, facendo ricorso a energie insospettate.
Adesso le ho bruciate quasi tutte, ma sono immensamente felice di aver avuto con me per un lungo periodo un bambino tanto adorabile, un figlio che mi ha dato grandi soddisfazioni e una nuora che meglio di così non la potevo trovare.

Che si può chiedere di più alla vita? Certo, potrei chiedere che mio figlio torni in Italia con tutta la sua famiglia, ma farei un torto a lui, che ha fatto una scelta precisa e motivata (che peraltro condivido anch'io) e dunque questo è già molto.

Ma le visite non sono finite. A giorni dovrebbe arrivare Chiara (che qualcuno forse conosce come Hsinke-Lee), una sorta di figlioccia che ho ospitato in casa quando studiava all'Accademia di Belle Arti di Macerata e che adesso ha fatto la fine di tanti taiwanesi: lavora come un somaro fino a che non ne può più, poi si licenzia, si gode i soldi accumulati, ricarica le batterie e infine si trova un altro lavoro.

Proprio come in Italia, eh?


sabato 25 luglio 2009

Ancora su Lorenzo

Ragazzi, come passa veloce il tempo! Mi sembra ieri, quando aspettavo con ansia l'arrivo del piccolo Lolo. Poi Lolo è arrivato e me lo sono goduto per quasi due mesi, scoprendo in lui singolari qualità di simpatia e vivacità, nonché un'intelligenza spiccata.

Lo so che rischio di essere sfacciatamente parziale, e probabilmente un po' lo sono, ma l'ho tenuto d'occhio con tutto il distacco possibile e credo di non sbagliare se affermo che è un bambino dal grande potenziale. Poi sarà la vita, con tutte le sue incognite, a fare di lui ciò che sarà, ma le premesse ci sono tutte.

Quel che è certo è che crescerà in un ambiente favorevole. Taiwan non sarà forse il miglior paese al mondo sotto diversi punti di vista, ma è di sicuro un luogo in cui esistono punti fermi in fatto di regole sociali condivise, rispetto dell'uomo e correttezza nei rapporti fra cittadino e cosa pubblica.
Per sua fortuna non dovrà essere spettatore di avvilenti teatrini della politica, di scandali, corruzioni e accaparramenti di poltrone, non si ritroverà con un premier seduttore, non avrà a che fare con l'invadenza dei preti e potrà scegliersi la sua religione quando avrà la maturità per farlo.
E soprattutto non sarà destinato a essere un precario a vita. Vi sembra poco?

giovedì 18 giugno 2009

Impressioni su Lorenzo detto Lolo

Direi che è giunta l'ora di esprimere qualche impressione su Lorenzo detto Lolo, che promette di emulare il suo illustre omonimo detto il Magnifico.

Perché quanto a personalità non sembra avere problemi. Ha superato in modo brillante il gap socio-culturale, climatico e alimentare che lo separava dall'Italia, dimostrando uno spirito di adattamento che mi ha stupito.

E' vivace e curioso come lo sono tutti i bambini della sua età, ma in un modo tutto suo: a volte molto partecipe, a volte distaccato, come se elaborasse un suo personalissimo piano di apprendimento le cui regole sono note solo a lui. La mia opinione è che sia un soggetto fondamentalmente attivo (dal punto di vista mentale), portato all'indipendenza, e dunque più propenso a scegliere che a farsi scegliere (un po' come i gatti).

Certo, è ancora piccolo per esprimere giudizi definitivi, ma le premesse sembrano indicare una personalità viva e autonoma. Lo dimostra anche il fatto che, almeno apparentemente, non abbia risentito troppo dell'assenza del padre, che non vede ormai da oltre venti giorni. Oppure, se ne ha risentito, lo nasconde molto bene.

Credo anche che mi abbia accettato come nonno, ruolo che in effetti mi spetta di diritto, ma che comunque dovevo guadagnarmi con lui. In fondo per Lolo ero poco più che un estraneo, avendolo visto e frequentato per una decina di giorni quando era ancora molto piccolo. E invece c'è già fra noi una forma di confidenza che mi piace, e certe volte mi commuove.
Avendo alle spalle una famiglia multietnica (peraltro impeccabile sotto tutti i punti di vista) avrà nella vita stimoli di certo maggiori rispetto ad altri bambini, e dunque impegni maggiori (il bilinguismo in primis), ma sono sicuro che se la caverà alla grande.

Un'ultima cosa: sono orgoglioso di annunciare che la sua prima parola pronunciata (o almeno così ci è parso di capire) è stata: miao-miao. Non mamma, non papà, bensì miao-miao. Potenza dei gatti!

martedì 26 maggio 2009

Arriva il piccolo Lolo

Ci siamo quasi. A fine mese arriva il piccolo Lolo. Verrà a conoscere l'Italia che è anche sua patria, benché ancora sia troppo piccolo per capire che cosa significa. Per l'occasione ho messo sottosopra casa, fra pulizie, riverniciature e riorganizzazione degli spazi e al resto ha pensato la natura: ci sono un albicocco e un susino pieno di frutti ancora acerbi, ma che matureranno quando lui sarà qui.

Io ci sarò e non ci sarò. Nel senso che verrò al lavoro a singhiozzo, sfruttando quei giorni di ferie che potrò prendere senza pregiudicare il delicato equilibrio della biblioteca e le sacrosante esigenze dei colleghi. Probabilmente ne risentirà anche il mio blog, ma non è escluso che alla fine ci scappi un bel "Diario della mia vita con il nipotino Lolo", che andrà a fare compagnia ai diversi diari taiwanesi.
Mi si dice che sia un diavolo scatenato: a quasi quindici mesi cammina e ha giustamente il desiderio di esplorare il mondo. Dopo il mondo della metropoli sempre in movimento quello della campagna sonnacchiosa delle Marche. Mi auguro di essere all'altezza del compito, disabituato come sono al rapporto diretto con i bambini. Perché se non fosse così non avrei nemmeno più le ferie da prendere per riposarmi delle ferie...

Scherzo, naturalmente. Sono felicissimo di accogliere Lolo, sua madre Huei-Hsin (Rose) e sua zia Huei-Pin (spero di aver scritto bene i loro nomi), oltre a Francesco che arriverà in seguito. E che forse mi porterà qualche diavoleria tecnologica taiwanese.

lunedì 18 maggio 2009

A caccia di libri proibiti

Un tizio un po' strambo, del quale non si conosce nemmeno il nome, ha pubblicato nel 1834 un curioso libretto dal titolo Lettere senza lettere. Che cos'ha di particolare? Semplicemente in ognuna delle 22 lettere (nel senso di missive) scritte al figlio manca una lettera (dell'alfabeto) dalla a alla z. Provateci un po' voi a scrivere una lettera senza usare la a, o la e. Occorrono equilibrismi letterari e lessicali di prim'ordine. Qualche giorno fa il libro era disponibile su Maremagnum al prezzo di 150 euro.

Un altro mattacchione è Luigi Casolini, che nel 1803 ha pubblicato un'opera analoga dal titolo Saggio di elogj senza la R. Un libro intero (87 pagine) senza usare quella lettera, nemmeno nel frontespizio, dove come luogo di stampa, al posto di Roma appare Nella capitale dello Stato Pontificio. Uno scherzetto mica da niente: evidentemente il buon Casolini non aveva niente di meglio da fare.

Un francese, tale Jacques Etienne Victor Arago, pubblicò invece nel 1853 un'opera dal titolo Voyage autour du monde sans la lettre A (Viaggio attorno al mondo senza la lettera A). Il bello è che nella prima edizione la famigerata lettera A compariva una volta, per una svista di stampa, e così fu necessario procedere subito a una seconda edizione.

Tutte queste bizzarre notiziole le ho tratte da una bella pubblicazione intitolata A caccia di libri proibiti, di Simone Berni. Ne esistono diverse edizioni, tutte pubblicate da una giovane e rampante casa editrice maceratese, la Biblohaus di Simone Pasquali. L'ultima è in due volumi ed è naturalmente la più completa e aggiornata.

Vi si parla di libri strani e introvabili, non capolavori da tramandare ai posteri, ma pubblicazioni bizzarre di autori bizzarri su argomenti bizzarri, spesso stampate in poche copie e dunque difficilmente reperibili. Simone Berni è un cacciatore di questo genere di libri (e di altri) e la lettura del suo libro è davvero piacevole. Almeno per chi ama i libri.

sabato 9 maggio 2009

Veronica accusa Silvio, Silvio accusa Veronica

Veronica accusa Silvio, Silvio accusa Veronica, e i media ci vanno a nozze.

Non so perché, ma pare che il pubblico nutra un morboso interesse per le vicende intime dei grandi della Terra. Vi ricordate Bill Clinton e il suo pruriginoso incontro con Monica Lewinski? Roba che Hillary doveva solo prenderlo a calci in culo, in privato beninteso, e invece il buon Bill per poco non si è giocato la presidenza degli Stati Uniti.

Sarà forse perché queste piccolezze ce li restituiscono come uomini comuni, con i loro problemi e le loro rogne da grattare. Come a dire: lo vedete, anche loro sono dei poveri cristi come noi. Non è che perché uno si chiama Silvio Berlusconi sta scritto da qualche parte che il suo matrimonio debba essere perfetto. Insomma, anche i ricchi piangono, per rimanere in tema di telenovelas.
Solo che Silvio, da quel grande imbonitore che è, lungi dal piangere, ne approfitta per aumentare i consensi che gli attribuiscono i sondaggi da lui stesso commissionati. Fa la figura del signore, del bravo marito e padre di famiglia alle prese con le isterie uterine di una donna che però ama ancora alla follia e che è dispostissimo a perdonare se lei saprà ravvedersi. Perché Silvio è buono, generoso, un vero esempio per tutti. E Veronica è solo una povera moglie che ha sbagliato, può succedere.
E così, magari, i 65 italiani su 100 che attualmente sono dalla sua parte diventeranno, 70, poi 80, poi 100 e poi ancora di più. Con percentuali che una volta si definivano bulgare e che allora dovranno giocoforza definirsi italiane. Anzi, forzaitaliane.

sabato 2 maggio 2009

La memoria

C'è una donna, negli Stati Uniti d'America, che si ricorda nei dettagli ogni giorno della sua vita a partire dall'età di otto anni. Se uno le chiede: che hai fatto il giorno 2 maggio 1989?, lei ti risponde per filo e per segno, e ti dice pure che tempo faceva quel giorno. Naturalmente è impossibile verificare che dica il vero quanto a ciò che faceva, ma è stato accertato che per quanto riguarda gli aspetti meteorologici ci azzecca sempre.

Io non mi ricordo nemmeno quello che ho mangiato ieri a pranzo.

La memoria è una cosa strana. Tanti anni fa ho conosciuto un tizio (un inglese) il quale affermava di ricordare la sua nascita, o meglio le sensazioni provate nel momento in cui è venuto al mondo. Diceva che si trovava a suo agio, caldo e protetto dentro l'utero, e che poi si è sentito proiettare verso l'esterno, e non aveva nessuna voglia di uscire, e poi ha sentito freddo e ha visto tanta luce.
Non credo che mentisse. Era una persona seria, e non ci guadagnava nulla da una menzogna.
Anch'io ho dei ricordi molto antichi, frammenti isolati ma piuttosto nitidi di quando avevo pochi anni. Mi rivedo ancora in una casa di Viale del Vignola dove i miei si stavano trasferendo, c'erano i muratori che stavano mettendo le mattonelle e per terra era pieno di segatura. Io giocavo con una spazzola che per me era un'automobile e tracciavo strade in mezzo alla segatura. Avrò avuto quattro o cinque anni.

Ce ne sono altri, ma ve li risparmio. Il punto è, però, che delle capacità intellettive che possediamo ne sfruttiamo solo una minima parte; per lo più rimangono latenti nel cervello, che immagazzina comunque tutti i dati ma che spesso non è in grado di restituirceli. Anzi, siamo noi che non sappiamo andarli a recuperare. Mio padre leggeva un libro saltando da una parola all'altra: in pratica individuava le parole significative e saltava quelle superflue. Non so come facesse, ma così riusciva a finire un libro in un tempo assai più breve di quanto, per esempio, non faccia io, che anzi, spesso devo tornare su quanto ho già letto perché non mi ricordo più niente.

A proposito di memoria il mio amico Philip K. Dick scrisse un racconto nel quale si ipotizzava che fosse possibile impiantare dei ricordi nel cervello di un uomo, il quale poteva ricordare nei minimi particolari cose che non aveva mai fatto: un'avventura spaziale, un bel viaggio, un'esperienza amorosa e via dicendo. Ne hanno tratto un film fracassone, Total Recall - Atto di forza, con Arnold Schwarzenegger e una Sharon Stone alle prime armi.

Sarebbe bello farsi impiantare ricordi, solo quelli belli, però. E magari farsi cancellare quelli brutti.

venerdì 24 aprile 2009

Gomorra di Saviano

Ho appena finito di leggere Gomorra, di Roberto Saviano. Avete presente un pugno nello stomaco? Stessa cosa. E' un libro duro, impietoso, nel quale si snocciolano nomi, fatti e luoghi di camorra con la ragione di chi la conosce e il cuore di chi la combatte (o vorrebbe combatterla). Ne viene fuori un mondo mille miglia lontano dalle nostre tranquille esistenze, con regole tutte sue, con una logica che, per quanto aberrante, è poi quella che viene imposta con la violenza e che tanti poveri cristi sono costretti a subire tutti i giorni. Ne viene fuori una mentalità deviata che sembra permeare l'intero territorio e l'intero tessuto sociale campano e che non risparmia nessuno o quasi, nemmeno i giovani, nemmeno i ragazzi, nemmeno i bambini. L'impressione è che la malavita abbia già vinto e che non ci sia possibilità di redenzione.

Roberto Saviano ha pagato e sta pagando tuttora, con una vita blindata e solitaria, il coraggio di aver messo per iscritto qualcosa che molti sapevano, ma che non è lecito divulgare. Anche se poi sembra strano che un libro, sia pure documentato e diretto come questo, possa davvero infastidire, possa davvero minacciare un potere così forte e così radicato. Ma forse nell'ottica camorristica questo è un sgarbo che non si può perdonare. C'è un'etica del male che domina i pensieri e le azioni, forse anche più forte della logica del profitto che pure è alla base di tutte le organizzazioni mafiose. Saviano ha osato sfidare l'intoccabilità di un'immagine, rompendo quel velo di omertà che sotto molti aspetti è la vera forza di chi si ritiene al di sopra di tutto e di tutti. E così il suo diventa un libro sacrilego, da mettere all'indice, e lui un eretico da mandare al rogo.

Come nel Medioevo, insomma. E che questi fossero tempi bui me n'ero accorto anch'io.

venerdì 17 aprile 2009

La superstizione

Venerdì 17.

Chi è superstizioso oggi si gratta, o magari non esce nemmeno di casa. Nei paesi anglosassoni, invece, se ne fregano, perché per loro il giorno sfortunato è il venerdì 13.
Ma da dove viene questa credenza, tra l'altro così radicata?

La spiegazione più accreditata è che il suo equivalente in numeri romani (XVII) anagrammato formi la parola VIXI, cioè ho vissuto, e adesso sono morto. Un po' fiacchetta, come spiegazione.
Un'altra si lega invece alla data di venerdì 17 ottobre 1307, in cu Filippo il Bello fece trucidare i cavalieri templari. Anche questa mi sembra un po' tirata per le orecchie. Chissà quanti avvenimenti positivi si sono verificati in qualche venerdì 17, ma nessuno ne ha mai parlato.

Altri sostengono che il diluvio universale, secondo l’Antico Testamento, iniziò il 17° giorno del secondo mese, ma qui siamo nel campo della fantasia, o quasi.

Insomma, tirando le conclusioni, non esiste un motivo valido per ritenere sfortunato il giorno di venerdì 17. E' un mito nato chissà quando, chissà dove e chissà per quale strampalata ragione. Così come tanti altri: il gatto nero che ti attraversa la strada, lo specchio rotto che porta jella, o la scala sotto la quale non si deve passare.

Storielle popolari, per dirla tutta, di quelle che una volta si raccontavano nelle fredde sere d'inverno quando non c'era un cavolo da fare.

Io non sono superstizioso. Ritengo che una persona intelligente e razionale non dovrebbe esserlo, ma naturalmente tutti sono liberi di comportarsi come credono. Oppure di far proprio il titolo della commedia di Eduardo De Filippo: Non è vero ma ci credo. Che poi è forse il modo migliore di salvare capra e cavoli.

Poi magari il destino deciderà che debba morire un venerdì 17, ma a quel punto non credo che me ne importerà più molto.

sabato 11 aprile 2009

I terremoti

Il terremoto è un bastardo che da sempre ti coglie di sorpresa quando meno te l'aspetti. E la sensazione che si prova quando tutto comincia a tremare sotto e intorno a te è da sempre la stessa:

Non c'è modo di prevedere un terremoto. Si può però sapere con buona approssimazione dove è più probabile che colpisca, e con quale intensità. E' il cosiddetto rischio sismico. Sapete come è stato calcolato? Frugando nei libri e nelle carte. Esistono innumerevoli testi a stampa e cronache manoscritte in cui si descrivono scosse sismiche. Per anni si sono setacciate biblioteche e archivi alla ricerca di notizie di questo genere, poi queste notizie sono state elaborate sulla base delle informazioni, dirette o indirette: naturalmente descrizioni più approfondite offrivano maggiore occasione di valutare l'intensità di un terremoto. Utilissime a questo riguardo, per esempio, le stime fatte in loco dai tecnici per procedere alla ricostruzione.

In questo modo si è stilato un vero e proprio catalogo nel quale, cronologicamente, sono elencati tutti i terremoti avvenuti in Italia a partire dall'antichità: durata del fenomeno, centri colpiti, danni provocati, numero delle vittime, numero dei feriti, eventuali altri eventi collaterali. I sismologi storici sono in grado di risalire dalla descrizione del danno alla magnitudo. Tutto questo, unito allo studio geologico dell'ambiente, consente di classificare il territorio italiano in zone a differente rischio sismico. L'Aquila è una di quelle in cui il rischio è altissimo e questo lo sapevano tutti, a partire dagli aquilani. Tanto per dire, il terremoto del 1703 fece oltre 7000 vittime.

E allora non si capisce davvero come mai si sia usata la sabbia di mare per il calcestruzzo. Non è solo disonestà: è stupidità criminale. Non pretendo che da noi si faccia come in Giappone, dove i grattacieli resistono tranquillamente a terremoti di intensità spaventosa, ma insomma, deve sempre succedere il disastro prima di correre ai ripari?

Buona Pasqua a tutti, per quello che vale.

sabato 4 aprile 2009

Comincia la quinta stagione di Lost

Lunedì comincia su Sky la quinta stagione di Lost.

Sono un Lost-maniaco, o se preferite un Lost-addict, mi pare di averlo già detto. Per me Lost è la più straordinaria fiction televisiva che mente umana abbia mai concepito. Oggi voglio provare a farvi capire quanto vi sbagliate se non la pensate come me.

C’è un aereo di linea in viaggio da Sydney a Los Angeles che si spezza in tre tronconi sopra un’isola del Pacifico. Due di questi tre tronconi finiscono in una diversa parte dell’isola, e alcuni passeggeri si salvano fortunosamente. I 48 del troncone di testa cercano di organizzarsi in attesa dei soccorsi.

Sembrerebbe il classico disaster movie a lieto fine, ma non è così, e per una serie di motivi.

1. Nessuno può sapere dove si trovino i sopravvissuti perché l’aereo, prima di spezzarsi, è andato fuori rotta di parecchio, e non sembrano esserci modi per comunicare con il mondo civile. Inoltre qualcuno non vuole che l’isola venga scoperta. Qualcuno invece sì, ma per motivi diversi.

2. Nell’isola ci sono presenze inquietanti (orsi polari, un mostro di fumo che appare e scompare, il piede di una statua gigantesca con quattro dita, il relitto di una nave settecentesca in mezzo alla giungla, strane botole che conducono in laboratori sotterranei, computer antiquati che ancora funzionano, e quant’altro.) Inoltre ogni tanto appare qualcuno che dovrebbe essere morto. E’ un luogo dove avvengono miracoli, come dice uno dei protagonisti.

3. L’isola non è disabitata come si crede. Ci sono degli altri occupanti (gli Altri, appunto) con intenzioni tutt’altro che amichevoli, e soprattutto tutt’altro che chiare. E prima di loro ce ne sono stati altri ancora, impegnati in un misterioso esperimento di immane portata che forse è fallito, forse no.

4. Curiosamente, fra quelli che dovrebbero essere dei perfetti sconosciuti a bordo di un normalissimo volo transoceanico, emergono pian piano inaspettati rapporti, di parentela o di semplice conoscenza, precedenti alla loro disavventura. Come se qualcuno o qualcosa li avesse volutamente messi tutti insieme su quell’aereo a loro insaputa in una sorta di incomprensibile disegno cosmico.

5. Ci sono persone potenti che hanno intenzioni insospettabili su quell’isola e sui suoi abitanti. Persone in grado di portare in fondo all’oceano un finto relitto di aereo con tanto di cadaveri veri per dimostrare che non c’è stato nessun superstite. Ma ci sono anche persone potenti che vogliono difendere l’isola. Da che cosa, ancora non si sa.

6. L’isola non è quello che sembra. E’ come un’entità dotata di volontà propria, e c’è chi dice che possa essere addirittura la chiave per salvare il mondo dalla distruzione. Quando alcuni riusciranno fortunosamente a tornare a casa, si scopriranno tutti infelici, e si renderanno conto di aver commesso un errore. Non era destino che se ne andassero dall’isola, e l’isola li rivuole indietro. Il perché non si sa, e non si sa nemmeno il come, dal momento che nel frattempo l’isola è stata “spostata” (Nello spazio? Nel tempo? E’ solo una delle tante domande).

Questo, per sommi capi, nelle prime quattro stagioni. Con una quindicina di personaggi tutti di grande spessore, ai quali ci si affeziona inevitabilmente. Nessuno tutto bianco o tutto nero. Non ci sono buoni e cattivi, ognuno ha le sue luci e le sue ombre, e soprattutto cambia, evolve nel tempo. E dopo un po’ nessuno è più quello che era (o che sembrava) prima, e qualcuno ancora non si capisce bene chi sia veramente, perché la linea di confine fra bene e male è davvero molto sottile.

Che altro aggiungere? In 85 episodi i creativi di Lost (Abrams, Lindelof e Cuse) hanno costruito un giocattolo affascinante pieno di domande e (al momento) con poche risposte. Sfoggiando a piene mani citazioni erudite di ogni tipo, che ne fanno comunque un prodotto sofisticato e ambizioso. Hanno promesso che nelle restanti due stagioni daranno le risposte che mancano, e che alla fine sarà tutto spiegato.

Lo spero vivamente, per la mia salute mentale.

Ah, e per chi non ha il satellite, Lost viene successivamente trasmesso in chiaro da Rai Due, anche se in orari un po’ bizzarri.

venerdì 27 marzo 2009

Che cosa significa vivere nell'Italia di oggi

Mentre manca ormai poco al giorno in cui il giorno diventerà più lungo (almeno apparentemente, ma a me basta), mi interrogo su quello che significa vivere in Italia oggi, nell'era del berlusconismo spinto.

A suo tempo, poco meno di un anno fa, mi dissi (me tapino): be', il PdL ha vinto le elezioni, purtroppo, ma almeno avremo un governo forte, che decide, e non più un governo debole, ostaggio di tutti. Forte, questo governo, lo è stato, certo, ma solo per quello che faceva comodo a lui. Sono rimasti tutti i vecchi privilegi, le vecchie baronie, sono rimasti gli indagati, i condannati, i sospettati, è rimasta l'arroganza del potere e la presunzione di intoccabilità, che da presunzione sta diventando certezza.
Le poche voci di dissenso sono sempre più flebili, confinate in ambiti ristretti, senza risonanza. Vox clamans in desertum, dicevano i latini.

Adesso non possiamo nemmeno più disporre della nostra vita, o di quel poco che ne rimane quando la malattia, la sorte, la sfortuna o la semplice decadenza della carne la reclamano. No, siamo costretti a sopravvivere a noi stessi attraverso una macchina, uno strumento inventato dall'uomo. Non l'ha inventato Dio, attenzione. Dio ha inventato le malattie e la morte e una natura che si incarica di far rispettare le sue leggi. Oggi l'uomo si è sostituito a Dio e decide lui quanto si deve vivere. Però l'uomo ha inventato anche il preservativo, che oltre a impedire la procreazione protegge anche dalle infezioni. Il Vaticano gongola per la legge sul testamento biologico, ma ha ribadito per bocca del suo massimo rappresentante che no, il preservativo è male. Gli africani possono morire come le mosche, basta che lo facciano nella grazia di Dio, senza peccare.
Da una parte si difende a oltranza la vita, dall'altra la si calpesta senza ritegno.
E allora mettiamoci d'accordo: la vita è vita, tanto nella disgraziata Africa che nell'opulenta Italia. E certo, Berlusconi non ha ancora vietato per legge l'uso del preservativo, ma l'aria che si respira è quella di un nuovo medioevo. In cui la caccia alle streghe ha assunto vesti diverse: non ci sono roghi, non ci sono processi sommari, ma d'altra parte non è più il tempo delle marce su Roma e delle sfilate in camicia nera ai Fori Imperiali. Oggi il regime si instaura e si autoalimenta in modo assai meno vistoso, e la sensazione è che di questo regime facciano ormai parte tutti, anche quelli che in teoria dovrebbero opporsi.

Spero di sbagliarmi, ma non vedo rose e fiori nel nostro futuro. E non è la crisi economica che mi preoccupa.

mercoledì 18 marzo 2009

Oggi copio dal blog di Beppe Grillo

Sono diversi giorni che non scrivo. Un po' perché ho da fare, un po' perché sono a corto di argomenti. Può succedere, dopo tanti anni.

E allora farò come Giannino Stoppani... come, non sapete chi è Giannino Stoppani? Allora correte in libreria e procuratevi una copia del Giornalino di Gian Burrasca, che tanto viene continuamente ristampato, e leggetevelo.

Insomma, che fa il nostro Giannino, proprio all'inizio? In occasione del suo compleanno, fra tanti regali, ha ricevuto anche un bel diario con le pagine bianche, ma non sa che scriverci. Così copia alcune pagine dal diario di una delle sorelle. Naturalmente la cosa creerà qualche problema, perché la succitata sorella ha scritto cose che sarebbe meglio non divulgare, e invece finisce col leggerle proprio chi non dovrebbe leggerle.

Io copio da Beppe Grillo, invece. Non posso dire di essere sempre d'accordo con le sue posizioni, in alcuni casi è troppo estremista, troppo "puritano", si potrebbe dire, ma qui mi trova del tutto al suo fianco. Non gli ho chiesto il permesso, ma credo che non se ne avrà a male per questo piccolo plagio.
Ordunque, il buon Beppe scriveva, esattamente il 12 marzo: "Caro ragazzo, cara ragazza del 2009,
sono un ex ragazzo degli anni ’60, mi chiamo Beppe Grillo, ho sessant’anni. Faccio parte della generazione che ti ha fottuto. Il tuo futuro è senza pensione, senza TFR, senza lavoro. Il tuo presente è nelle mani di vecchi incartapecoriti, imbellettati, finti giovani. Quando ero bambino l’aria e l’acqua erano pulite, il traffico era limitato, la mia famiglia non faceva debiti e tornavo a scuola da solo a piedi. Non c’erano scorte padane e neppure criminali stranieri in libertà. I condannati per mafia non diventavano senatori.

Le stragi di Stato non erano iniziate, Piazza Fontana a Milano era solo un posto in cui passavano i tram. Le imprese erano gestite da imprenditori. E’ strano dirlo ora, ma c’erano persone che investivano il loro denaro per sviluppare le aziende. E manager che vedevano lontano. Enrico Mattei dell’ENI, ucciso in un attentato, Adriano Olivetti, Mondadori, Ferrari, Borghi e cento altri che non ricordo. Intorno alle città c’erano i prati e non i cimiteri di cemento che chiamano unità residenziali. La bottiglia di latte la riportavo al lattaio e non costruivano inceneritori. La televisione era un servizio pubblico in cui lavoravano anche veri giornalisti come Enzo Biagi, e con solo un quarto d’ora di pubblicità al giorno. Quando si parlava si usava il tempo futuro. Il presente e soprattutto il passato erano verbi di complemento. I giardini pubblici erano puliti e sui marciapiedi si camminava senza doversi destreggiare tra le macchine parcheggiate. Le persone erano più gentili, spesso sorridevano. Sul Corriere della Sera scrivevano Montanelli, Buzzati e Pasolini..."
Sottoscrivo tutto.

martedì 3 marzo 2009

La mia mania di collezionismo

Fin da piccolo ho sempre collezionato qualcosa. Ho cominciato con gli albi delle figurine, per lo più quelle dei calciatori, ma anche altre (mi ricordo una raccolta che si chiamava "Ruote, vele, ali" con immagini di veicoli di ogni genere e di ogni tempo, uno schianto!). Allora (parlo degli anni cinquanta, ma anche dopo) le figurine non erano autoadesive. Ci voleva la coccoina per attaccarle sull'album: io ce ne mettevo tanta e alla fine l'album si gonfiava e diventava alto il doppio, e qualche volta le pagine si attaccavano fra loro. Poi ho cominciato con i fumetti (Grande Blek e Capitan Miki). Tutte le settimane andavo dalla mia edicolante e compravo quegli albetti rettangolari che oggi sono diventati così ricercati. Costavano venti lire l'uno, e la mia paghetta settimanale era di cento lire, così mi avanzavano i soldi per comprare altre cose. Ne ho acquistati per diversi anni, poi me ne sono liberato e mi mordo ancora le mani per averlo fatto. Quando sono stato più grandicello e mi è presa la fissa della fantascienza ho cominciato a collezionare gli Urania, poi via via tutte le altre pubblicazioni periodiche. Giunto ad averne qualche migliaio non sapevo più dove metterle e così, negli anni settanta ho cominciato e venderle (in qualche occasione a svenderle). Anche in questo caso mi mordo ancora le mani per averlo fatto. Successivamente, sposato e con un figlio, non ho collezionato più niente. Non ne avevo il tempo, e comunque in una città di provincia era assai più difficile, rispetto a Roma. Trasferitomi in campagna ho cominciato a collezionare gatti (non del tutto per mia volontà). Sono arrivato ad averne 44 (già, i mitici 44 gatti della canzone dello Zecchino d'oro), poi mi sono detto che non era una cosa del tutto normale e il loro numero è diminuito progressivamente. Non ne ho ucciso nessuno (non lo farei mai), mi sono limitato a un'opera sistematica di sterilizzazione delle femmine. Il resto lo ha fatto il destino. Adesso ne ho solo (si fa per dire) una ventina, ma la popolazione è diventata stabile, con una inevitabile tendenza al calo. Al momento colleziono telefilm di fantascienza. Sono arrivato a quasi 3000 titoli (da Star Trek a Lost), inzeppati su due hard drive esterni da 500 Gb l'uno. Ne ho anche un terzo da 320 Gb, ma lì ci tengo altre cose, non di fantascienza. Probabilmente non avrò mai il tempo di vederli tutti, ma saprò come ammazzare la noia quando sarò in pensione. Francesco mi prende in giro per questo, ma ragazzi, questa sì che è una collezione! E se ve ne servisse qualcuno, basta fare un fischio.

sabato 21 febbraio 2009

L'autobus con la pubblicità degli atei a Genova

Contrordine a Genova. L'autobus con la pubblicità degli atei ha girato per la città. Solo che c'era scritta tutta un'altra cosa: "La buona notizia è che in Italia ci sono milioni di atei. Quella ottima è che credono nella libertà di espressione". Insomma una cosetta all'acqua di rose rispetto al progetto originale ("La cattiva notizia è che Dio non esiste. Quella buona è che non ne hai bisogno").

Vuoi mettere la differenza? Parafrasando: la buona notizia è che anche gli atei possono far sentire la loro voce. Quella cattiva è che qualcuno potrebbe scambiarli per teorici del liberalismo. Sarà contento il cardinal Bagnasco, che appunto di Genova è. E questo c'insegna ancora una volta, se ce fosse bisogno, quanto pesi il Vaticano (anche indirettamente) sull'Italietta di oggi (e di sempre, se è per questo). Rappresentata nel mondo da un imprenditore improvvisatosi politico e dai loschi figuri che lo circondano, e sempre più in balia dei furori ideologici di Ratzinger & c., si avvia a un triste destino di sottomessa mediocrità, dove ogni più elementare forma di libertà sembra minacciata nei modi più subdoli.

Voglio emigrare.

martedì 10 febbraio 2009

La vicenda di Eluana

Chissà, forse si è spaventata per tutto il tran tran mediatico che si è scatenato attorno al suo caso. Fatto sta che Eluana ha pensato bene di andarsene prima del tempo. Come a dire, mi avete stancato tutti quanti, chi è contro e chi è a favore, così tolgo il disturbo e tanti saluti.

Io non ho certezze, sulla vicenda di Eluana. Contrariamente a quanto può sembrare da ciò che scrivo, non ne ho quasi mai, sulle grandi questioni della vita. Ma in questo caso ne ho ancora meno. Non so che significhi vivere da diciassette anni attaccato a una macchina che ti nutre. Non so che passa in quel cervello meccanicamente ancora vivo, ma in un corpo che non è più in grado di rispondere ai suoi stimoli. Non so che cosa si provi, quali sentimenti si nutrano, quali speranze, quali desideri. Magari nessuno. Magari si è come un vegetale che sta lì, vivo, ma non pensa niente, non fa niente, occupa semplicemente uno spazio e basta.

Non lo so e nessuno lo sa. Nessuno è mai tornato a dirci che cosa significhi un coma permanente. Ci si può soltanto appellare a quello in cui si crede, ma dal di fuori, astrattamente, e in questo senso ogni posizione è lecita.

Personalmente non vorrei vivere in quel modo, ma magari, una volta che (Dio non lo voglia!) dovessi trovarmici può anche darsi che cambierei idea. Chi può dirlo? Magari me ne starei benissimo, tranquillo, nutrito e accudito, a pensare ai fatti miei. Fregandomene del mondo che mi gira intorno.

Detto questo, però, qualche punto fermo bisogna pur metterlo.

Primo: perché il nostro governo ha aspettato così tanto per legiferare in materia? Sono anni che si parla del caso di Eluana, e almeno da luglio si sapeva che la macchina si poteva staccare. E allora perché aspettare l'ultimo minuto, in una sorta di accanimento più accanito di quello terapeutico? Tra l'altro in modo frettoloso e necessariamente sommario?

I maligni dicono che è servito solo a fare bella figura. Noi ci abbiamo provato, diranno quelli che volevano che Eluana vivesse, ma purtroppo non ce l'abbiamo fatta. Anche perché qualcuno ci ha messo i bastoni fra le ruote...

Io non sono maligno e non la penso così. Penso solo che da politici di mezza tacca come i nostri non ci si poteva aspettare di meglio.

Secondo: che dire di un uomo che poteva portarsi sua figlia in Svizzera, o in qualche altro paese, molti anni fa e lì lasciarla morire tranquillamente, e invece ha scelto di combattere con coraggio la sua battaglia laica, all'interno delle istituzioni, pagando sulla pelle questa scelta? Tutto il bene possibile, direi.

Terzo: ancora una volta il nostro beneamato premier ha perso un'ottima occasione per stare zitto. E in questo caso il suo cattivo gusto ha superato ogni limite. Non aggiungo altro.

Quarto: adesso che il dramma si è compiuto, non sarebbe il caso di affrontare il problema del testamento biologico in modo serio, e non isterico e a volte preconcetto come si è fatto fino a ora? Con una legge fatta non sull'emozione del momento, ma dopo una riflessione la più larga e approfondita possibile?

Sarebbe il miglior modo per onorare il ricordo di questa povera donna, che riposi veramente in pace.

mercoledì 4 febbraio 2009

Chi ama i gatti vs Chi ama i cani

Perché alcuni amano i gatti e altri amano i cani? Ohibò, mi direte voi, ognuno è libero di amare chi gli pare. D'accordo, formuliamo la domanda in un altro modo: quali sono le caratteristiche di chi ama i gatti? E quali quelle di chi ama i cani? Si può arrivare a definire due categorie distinte di persone in base al loro amore per gli uni o per gli altri? Certo che si può. 

Per farlo dobbiamo cominciare col definire gli elementi distintivi del gatto e del cane.
Il gatto è indipendente, egoista, opportunista, qualche volta un po' farabutto. Pensa solo agli affari suoi, non accetta regole o limitazioni, si concede solo quando lo vuole lui e a chi vuole lui. Sa di essere bello ed elegante, e non ci pensa due volte a farlo capire. E' poco portato per la vita sociale e sembra incapace di dimostrare affetto (ma non è così), e passa la vita a dormire in una sorta di otium oraziano. Non è un animale gregario, non riconosce padroni. A suo modo è un filosofo, ed è certamente un progressista.

Il cane è fedele, obbediente, rispettoso (se gli si insegna a esserlo quando è piccolo), accetta l'idea di fare i suoi bisogni quando lo decide il padrone, accetta il guinzaglio, la museruola, il cappottino. Insomma è un animale politically correct, adattabile (riesce a fare le cose più incredibili, alcune belle e utili, altre stupide e inutili) e affidabile (gli si può ordinare di fare una cosa e lui la farà, anche se non ne ha voglia e se lede il suo orgoglio canino). Vive, quando può, in un branco dove c'è sempre un capo che comanda e altri che obbediscono. Il cane è un tradizionalista.
A questo punto si può arrivare alla conclusione che, a seconda di come si sceglie, si possa parlare di un un'entità uomo-gatto e di un'entità uomo-cane. Solitario, poco portato alla vita sociale, autonomo, libero pensatore il primo; solidale, gregario, irreggimentato, portato al pensiero condiviso il secondo.
Con tutte le eccezioni del caso.

Chiudo con una riflessione divertente che ho trovato su Internet: non capisco perché le donne amano tanto i gatti. I gatti sono indipendenti, non ascoltano mai, non vengono mai quando li si chiama, amano restare fuori tutta la notte, e quando sono a casa, tutto quello che vogliono è di essere lasciati tranquilli a dormire. In altre parole, tutte le caratteristiche che le donne odiano in un uomo, esse le amano in un gatto.

Non so se sia vero che le donne amano i gatti più degli uomini, forse sì.
Aspetto conferme o smentite.

giovedì 29 gennaio 2009

La pillola per la madre dei cretini

La madre dei cretini è sempre incinta.

Il buon esempio viene dall'alto. Chiediamo l'estradizione di un ex terrorista e il Brasile di Lula (che, nonostante il nome, non è un calciatore) ci risponde picche. Apriti cielo! Si desta dal letargo anche il presidente Napolitano, Frattini fa fuoco e fiamme, e insomma, pare che sia una questione di vita o di morte, quando in realtà a nessuno interessa un fico secco di tutta la faccenda. Cesare Battisti non è uno stinco di santo, sia chiaro, ma la sua vicenda giudiziaria suscita più che legittimi dubbi.
Qualche altro cretino ha addirittura proposto di annullare la partita Italia-Brasile.

Da Lucca giunge la notizia che non si possono più aprire ristoranti etnici. La guerra al kebab è motivata dall'esigenza di preservare le nostre tradizioni gastronomiche, sante e con tanto di marchio DOC. Benissimo, allora perché non cominciare facendo chiudere tutti i McDonald's? Sarebbe anche un modo di tutelare la salute dei nostri figli, sempre più colonizzati dalla cucina usa (U.S.A.) e getta. E per carità di patria vi risparmio la divagazione su quell'aberrante e ormai dilagante abitudine che si chiama happy hour... cinque euro per sgranocchiare due noccioline e due patatine, scolarsi un bicchiere di vino e rovinarsi la cena.

Nella piccola Macerata, dove mi onoro di lavorare, qualcuno ha proposto di far pagare l'utilizzo dell'ascensore che dal parcheggio sotto i giardini porta fino al centro storico. Utilizzo che invece rimarrebbe gratuito per chi è giunto al parcheggio con l'automobile. Alla faccia di chi si affanna a scoraggiare l'uso dell'auto. Sei a piedi? Bene, allora paga! Pare che la proposta sia rientrata, prima ancora di essere sommersa dal ridicolo, ma il solo fatto che qualcuno l'abbia pensata mi preoccupa non poco. Se i comuni hanno problemi a rimpiazzare i mancati introiti causati dall'abolizione dell'ICI, se la prendano con Berlusconi, non con i cittadini.

Per chiudere in bellezza, siamo di nuovo all'emergenza stupri. Con tutto il fastidioso senso di deja-vu che comporta la riproposizione di simili, squallidi eventi da parte di stampa e televisione. C'è una spaventosa mancanza di fantasia in chi dovrebbe informarci e invece ripete a pappagallo cose che nemmeno il popolino, forse, sussurra più nel chiuso dei bar.

A quando la pillola per la madre dei cretini?

lunedì 19 gennaio 2009

Influenza e bronchite

Ragazzi, che batosta! Sono stato male nel corso dell'ultima settimana (influenza e brutta bronchite) e ho dovuto curarmi con gli antibiotici, che non assumevo da anni. Insomma, mi sentivo come se mi fosse passato addosso un TIR e con le energie di un uccellino appena uscito dall'uovo. Non mangiavo quasi niente, anche perché tutto aveva un saporaccio, dormivo malissimo, tossivo in continuazione e pregavo di non morire prima del tempo perché ho ancora diverse cose da fare nella vita.

Diciamo che adesso sono convalescente, ma sto comunque infinitamente meglio, e ringrazio il padreterno o chi per lui. Magari la mia dottoressa?

A proposito di padreterno, a Genova l'Azienda dei trasporti urbani si è rifiutata di mettere sui tram una pubblicità che recitava (cito a memoria): "La brutta notizia è che Dio non esiste. Quella buona è che non hai bisogno di Lui". E' forse un reato essere atei? Si offende qualcuno? Io non sono ateo (anche se certe volte ci sono andato pericolosamente vicino), ma credo che ognuno abbia il diritto di pensarla come vuole in materia di religione. Voi no?

lunedì 5 gennaio 2009

Lettera aperta alla Befana

 

LETTERA APERTA ALLA BEFANA

Cara Befana,

ho scritto anche al tuo collega, Babbo Natale, chiedendogli di portarsi via alcune cose brutte. Non so se esaudirà il mio desiderio. Probabilmente lui, come te, ha cose più importanti da fare. E poi non sono nemmeno un bambino, e i bambini, giustamente, vengono prima di me.

Ma insomma, se ti avanzasse un po’ di tempo, ci sono alcune cose che mi piacerebbe ricevere in dono. Oh, niente di venale, non preoccuparti. Non regali costosi. Come ho già detto a Babbo Natale, ho già tutto quello che mi serve, e anche qualcosa di più. Sono cose che non costano nulla, e che nessun negozio mette in vendita. Io sono stato buono per tutto l’anno, e anche negli anni scorsi, vedi un po’ quello che puoi fare.

Vorrei tanto che nel mondo ci fosse un po’ più di rispetto e di buona educazione. Siamo tutti uguali, e non ci deve essere nessuno che è meno uguale di un altro.

Vorrei che ci fosse meno arroganza e meno prepotenza, e anche meno rumore. La gente strilla troppo e così si perde il fascino dei suoni sommessi e delle cose sussurrate, e la tremenda bellezza del silenzio.

Vorrei che ci fosse meno spreco, che non si sentissero tutti costretti a consumare, ad acquistare cose di cui non hanno bisogno, o addirittura che possiedono già, con i soldi che non hanno e che qualcuno li sollecita a prendere in prestito, fosse anche a interessi zero.

Vorrei che il mondo fosse più pulito. Nel mare, nelle campagne, nel sottosuolo c’è altra vita, oltre la nostra, e noi non abbiamo l’esclusiva sul pianeta. E’ l’unico mondo che abbiamo e dobbiamo trattarlo meglio.

Vorrei che i bambini avessero un futuro migliore. Tutti i bambini, non solo quelli che nascono e crescono nel primo e nel secondo mondo. Non so perché si chiamino così, ma il terzo è di certo un insulto alla giustizia del creato.

Vorrei una politica più responsabile al servizio di ideali più giusti, una politica fatta da uomini per altri uomini, e non da potenti per altri potenti.

Vorrei che tutti ragionassero con la propria testa e non seguissero ciecamente ideologie o religioni santificando l'omologazione dei cervelli.

Vorrei che non ci fossero più guerre, dove perdono la vita sempre quelli che le combattono e mai quelli che le scatenano.

Vorrei che nessuno morisse più di fame, o di stenti, o di malattie curabili solo perché ha avuto la sfortuna di nascere nel posto sbagliato.

Vorrei che non fosse il dio denaro a comandare, ma un dio più giusto. E non m’importa se sarà necessario inventarne uno perché magari quelli che ci sono non vanno bene. Se sarà quello giusto (possibilmente senza intermediari) lo amerò e lo rispetterò anch’io.

Grazie per tutto quello che potrai fare.