giovedì 26 novembre 2009

La memoria e le sue bizzarrie

Prima di tutto una correzione al mio precedente post. Il mitico bibitaio che scorazzava per gli spalti dell'Olimpico negli anni sessanta si chiamava Gasperino, e non Angelino come ho erroneamente scritto. Da cui la frase con cui veniva sempre accolto dai tifosi di entrambe le fedi: "Ammucchia, Gasperi'...". Ringrazio mio fratello per avermelo segnalato. Eh, la mia memoria non è più quella di una volta.

Ho già avuto occasione di parlare una volta della memoria e delle sue bizzarrie. Esistono delle cose che si ricordano per sempre, anche se risalgono a uno scatafascio di anni fa. Il fatto è probabilmente dovuto all'abitudine di un tempo di imparare le cose a memoria, diciamo pure a pappagallo, da "Cantami o Diva l'ira funesta del pelide Achille che infiniti lutti addusse agli Achei" alle preghiere che ci insegnavano a scuola, soprattutto a me che ho fatto le elementari dalle suore, per finire con le parole dell'inno di Mameli, uno dei testi più orrendi che mente umana abbia mai concepito. Ma voi avete mai capito che diavolo significa "... le porga la chioma, che schiava di Roma Iddio la creò"?

Tra l'altro sembra un inno del fascismo, e invece risale al 1847. Chi non lo conosce a memoria, almeno fra coloro che hanno una certa età? Ed è buffo vedere i calciatori della nazionale italiana che evidentemente non lo conoscono bene, e si limitano a masticarlo quando viene suonato all'inizio di una partita.

Gli americani, invece, ci tengono eccome al loro inno. Perché loro il senso della nazione ce l'hanno più di noi e anche perché, diciamoci la verità, The Star-Spangled Banner è un po' più bello di Fratelli d'Italia.

Qualche anno fa ci fu un certo dibattito sull'opportunità di sostituirlo, e qualcuno propose addirittura la Marcia trionfale dell'Aida, poi non se ne fece nulla. Certo che la musica del maestro Giuseppe Verdi è tutt'altra cosa rispetto a quella del maestro Michele Novaro.

Ma sto divagando. Quando andavo allo stadio Olimpico non c'era ancora l'inno della Roma di Venditti, i calciatori non avevano il nome sulla maglietta e i numeri andavano dall'1 all11. Lo schema era semplicissimo: un portiere, due terzini, tre mediani, due ali, due mezze ali e un centrattacco. Senza tante pugnette tattiche come oggi. Fino agli anni sessanta, se un giocatore si faceva male non poteva essere sostituito e doveva rimanere in campo. Lo si metteva in genere all'ala sinistra, dove bivaccava claudicando, e in generale veniva ignorato dagli avversari perché ritenuto innocuo. Così qualche volta ci scappava il gol dello zoppo. Me ne ricordo uno di Giacomino Losi, di testa. E non era un gigante.

Altri tempi, quando le righe si facevano con la polvere di calce e il pallone era ancora di cuoio, rigorosamente color cacca.

Meglio, peggio? Giudicate voi. Sicuramente diverso, ma per fortuna quei ricordi sono ancora nella mia testa e nel mio cuore.

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