venerdì 29 febbraio 2008

L'Italia secondo mio cugino Egisto

Mi scrive mio cugino Egisto da Terni... Egisto (che nome evocativo!) era in realtà un lazzarone coi fiocchi: allevato da una capra, uccise lo zio Atreo e in seguito sedusse Clitennestra mentre suo marito Agamennone aveva altro da fare dalle parti di Troia. Dopodiché, non contento, uccise anche Agamennone e regnò per sette anni, prima di essere fatto fuori da Oreste.

L'altro Egisto, mio cugino, è tutt'altra pasta d'uomo: non ha mai ucciso nessuno, né sedotto la moglie di nessuno (che io sappia) e adesso, bellamente in pensione, si dedica al teatro amatoriale con buoni risultati.

Insomma, mio cugino mi scrive una lettera accorata nella quale dice, tra l'altro: "L'Italia sta affondando nella crisi di tutto: politica, economia, lavoro, banche, mondezza, e pensare che è un Paese bellissimo, con una storia di duemila anni alle spalle, che ha avuto geni, artisti, musicisti, ingegneri, architetti che tutto il mondo ci invidia, opere d'arte, panorami, spiagge, luoghi incantevoli. Dovremmo vivere di turismo e invece stiamo perdendo anche quello, solo per la miopia dei nostri governanti, ma sai che ti dico: siamo noi italiani che siamo da rifare!"
Mi sa che non ha torto. Si dice che ogni paese ha i governanti che si merita, e l'Italia non fa eccezione, anzi è forse l'esempio più eclatante della veridicità dell'assioma. Furbetti, piagnoni, sempre attenti ai cosiddetti cazzi propri, con un senso civico ridotto ai minimi termini, sempre pronti a vedere i difetti degli altri e mai i propri, gli italiani sembrano avere una vocazione al masochismo politico. A questo punto mi sembrano però quasi rassegnati, e non ci sono girotondi, grillate o provocazioni di sorta che possano scuoterli.

Le previsioni per il 13/14 aprile mi appaiono fosche. Spero di sbagliarmi, ma non vedo all'orizzonte un futuro di riscatto per il popolo italico. Dov'è il nuovo?

venerdì 22 febbraio 2008

L'incomprensibile mondo dell'economia

Avevo quattro soldi da parte, investiti diversi anni fa. Quando mi sono accorto che la somma, rispetto all'inizio, era rimasta più o meno la stessa mi sono detto che forse non era stato un grande investimento. Così ho cambiato. Mi hanno dato un pacco di carte grosso come un elenco telefonico, con un mucchio di cose scritte sopra che mi sono ben guardato dal leggere. Dicono che è a tutela dell'investitore, ma in realtà è scritto in un linguaggio da iniziati. Ho perso mezz'ora a compilare moduli, a rispondere a domande per valutare il mio profilo di rischio, a firmare autorizzazioni di ogni sorta. Guadagnerò qualche euro di più, la mia vita non cambierà, e mi ritroverò a meditare sul misterioso mondo dell'economia.

Non so se ci avete fatto caso, ma è diventata una mania. Le banche aprono nuovi sportelli come funghi, si accorpano, formano cartelli sempre più grandi, sembrano moltiplicarsi come per un moderno miracolo dei pani e dei pesci, le finanziarie sono più numerose dei fruttivendoli, dovunque ci sono agenzie di brokeraggio, il mondo è pieno di consulenti in giacca e cravatta che parlano per enigmi, la televisione ci propina in continuazione servizi sulle borse di tutto il mondo, parlando di Dow Jones, Nasdaq, Mibtel, Standard and Poors e di altre incomprensibili entità.
E' un mondo di folli, un mondo in cui le regole sfuggono a ogni logica, i soldi sono virtuali e forse anche le persone che lo popolano. Ogni tanto si bruciano miliardi per motivi che gli ingenui come me non riusciranno mai a capire, si vive perennemente sull'orlo del baratro eppure tutti continuano a correre come formiche, ipnotizzati dal miraggio dell'investimento perfetto.

In realtà di perfetto non c'è niente, è solo un grande baraccone popolato da istrioni in cerca di vittime. In realtà basterebbe accontentarsi di quello che si ha, e forse la vita sarebbe migliore.

sabato 16 febbraio 2008

Il replay della vita

L'ultima volta ho scritto una fesseria. In realtà non era passato tanto tempo, ma a me sembrava così. Boh, forse perché stavo male, e avevo perso la cognizione del tempo.

In realtà, da un po' di tempo mi capita spesso. Ci sono delle occasioni in cui non mi ricordo che giorno è e devo andare a controllare il calendario. Altre volte, invece, mi rendo conto di quanto corra veloce il tempo, per esempio quando all'improvviso scopro che è passato un anno da quando ho pagato, che so, il bollo della macchina o la tassa sulla televisione, e non me ne sono nemmeno accorto.
Una volta chi ci faceva caso, al passare del tempo? Ti sembrava di avere tutta la vita davanti a te, e la vita stessa era più varia, più ricca. Oggi invece è fatta di tante cose che si ripetono sempre uguali, di scadenze che si ripropongono periodicamente, in una sorta di replay.

Mi ricorda un romanzo che ho tradotto ultimamente, che si chiama appunto Replay (di Ken Grimwood), in cui un quarantacinquenne muore per un infarto e si ritrova misteriosamente a rivivere la sua vita ricominciando dai vent'anni, ma con tutti i ricordi degli eventi avvenuti successivamente. Lui sa, per esempio, che il 21 novembre 1963 Oswald attenterà alla vita di Kennedy, e cerca di impedirlo. Sa anche chi vincerà le Golden Series di football, scommette e diventa ricchissimo. Giunto un'altra volta a quarantacinque anni muore di nuovo, e ricomincia la sua vita di ventenne, con l'esperienza di una vita in più.

Che cosa faremmo se potessimo rivivere la nostra vita con l'esperienza e le informazioni che abbiamo accumulato? Alzi la mano chi non si è mai posto questa domanda. Il romanzo offre qualche risposta, ma la risposta migliore secondo me è che bisogna vivere la propria vita, soprattutto da una certa età, guardando avanti e non indietro. Come se potesse essere eterna.

 

giovedì 7 febbraio 2008

Fulgido esempio di dedizione al lavoro

Manco da più giorni di quanti sarebbe lecito aspettarsi. La mia intenzione è sempre stata quella di aggiornare il blog con cadenza settimanale, o giù di lì.

Il fatto è che sono stato colpito da un'influenza di quelle che ti lasciano con la lingua di fuori e la voglia di farti, il prossimo inverno, un bel vaccino per tempo. Sono stato così male che ieri non sono nemmeno venuto al lavoro. Be', vi chiederete, che c'è di strano? C'è di strano che da circa una ventina d'anni non facevo assenze per malattia. Sono venuto in biblioteca in tutte le condizioni: zoppicante per uno stiramento al polpaccio, raffreddato, influenzato, piegato in due per il mal di schiena, con la febbre alta, con la pressione alta e in numerose altre condizioni patologiche più o meno serie. Insomma, tutto il contrario dello statale assenteista e lavativo. Dovrebbero pagarmi un extra, a me.

Qualcuno potrà, forse non a torto, domandarsi se qualcosa di patologico non ci sia dentro la mia testa, e in effetti certe volte anche a me riesce difficile capire il motivo di questo accanimento. Non saprei spiegarlo, è il mio modo di essere. Non mi comporto così per farmi bello, per vantarmi, anche se certe volte mi diverto a fare il cretino raccontando le mie prodezze da Guinness dei primati.
Finirà che verrà a lavorare anche in punto di morte. Così potranno mettere una bella lapide nel mio ufficio: A MAURIZIO NATI, FULGIDO ESEMPIO DI DEDIZIONE AL LAVORO. R.I.P.
Dove R.I.P. sta per Ripetutamente, Invariabilmente Pirla.