sabato 30 dicembre 2006

La fine di Saddam

E così hanno impiccato Saddam. Non che lo pianga, per carità, era uno dei tanti sadici dittatori sanguinari di cui è pieno il mondo e probabilmente ha fatto la fine che meritava.

Mi domando però se a questo punto non ci sia il rischio di farne un martire. E i martiri, si sa, sono molto ingombranti. Soprattutto in una regione di fanatici. Forse era meglio lasciarlo crepare dimenticato in qualche prigione irachena, lasciando di sè solo l'immagine di un uomo disfatto che esce da una buca nel terreno come un topo di fogna.

Per quello che può valere, comunque, in uno stato in cui gli americani non sono riusciti (ed era prevedibile) a imporre la "loro" democrazia e per quell'errore adesso pagano un dazio pesantissimo in fatto di vittime e soprattutto di immagine internazionale. Senza contare quello che paga l'Irak.
Che cosa augurare a tutti, allora, se non un 2007 con meno Saddam e meno Bush?

sabato 23 dicembre 2006

Auguri ai 45 lettori - commentati

"Lo so che è banale, ma non posso esimermi dal formulare ai miei quarantacinque lettori i migliori auguri (politically correct) di una serena transizione dal 2005 al 2006, attraverso un Natale meno frenetico e consumista del solito. Che sia per tutti un anno di pace e rispetto reciproco. Di buona sorte e buoni sentimenti. Di cose semplici. Di curiosità e stupore per quello che verrà. Di desideri realizzati e speranze esaudite. Di parole sussurrate più che urlate. Di educazione e moderazione. Spero di non chiedere troppo".

Confermo tutto, parola per parola. Anche se a ben vedere non è che il mio auspicio si sia realizzato del tutto. C'è sempre troppa gente che strilla, o che parla quando farebbe meglio a stare zitta. C'è sempre meno pace e meno rispetto.

Ma si sa, io sono un ottimista e continuo a sperare che le cose vadano meglio. Pace e serenità a tutti.

lunedì 18 dicembre 2006

Un Natale sobrio

Ci avviciniamo a Natale e come tutti gli anni impazza la frenesia del regalo. Ormai non è più un piacere, ma un dovere imposto dal consumismo imperante. Ci si scatena in frenetici acquisti nei centri commerciali o nei mercatini (finto)etnici, e si consuma un rito ormai vuoto di significato. Ho sentito diverse persone dire che farebbero volentieri a meno di questa nevrotica caccia al regalo, ma poi... però che figura ci faccio se mi presento a mani vuote? si dicono tutti, e allora la caccia continua, per poi scambiarsi cose che a nessuno servono e che finiranno  dimenticate in qualche cassetto o a prendere polvere su qualche scaffale.

Be', basterebbe mettersi d'accordo prima, no? Qualche regalo, quello sì, ai bambini, e magari un po' di beneficenza a chi ne ha bisogno (non lo strombazzato Telethon o le tante, improbabili associazioni benefiche che in questo periodo ci riempiono di cartaccia la cassetta della posta). Così invece facciamo solo beneficenza ai venditori di effimero, e ci svuotiamo le tasche per niente, noi per primi poco convinti di quello che facciamo.

Da questo punto di vista sono fortunato. I miei cani e i miei gatti non chiedono regali per Natale, i miei parenti sono lontani e non ho amici ai quali non possa semplicemente augurare "buon Natale e buon anno". Me la cavo con poco, vivo sobriamente il mio Natale e non faccio nemmeno sprechi alimentari (a parte che a casa mia non si spreca niente, con tutti quei cani e gatti).
Comunque, se proprio dovete regalare qualcosa perché non potete farne a meno, scegliete un libro.

giovedì 7 dicembre 2006

La vita di Piergiorgio Welby

Ma che razza di vita è quella di Piergiorgio Welby? E' una vita che valga la pena di difendere? E' una vita che valga la pena di essere vissuta? Secondo me no. Completamente paralizzato, attaccato a una macchina che lo fa respirare, è solo un cervello in un corpo già morto. E per di più soffre pure, e rischia ugualmente di morire soffocato perché è vittima di apnee notturne che gli bloccano la respirazione.

Riuscite a immaginare che cosa possa significare vivere in questo modo? Riuscite a immaginare l'orrore di giorni e giorni passati lì a pensare e basta, il vuoto totale di un'esistenza che non ha alcun rapporto fisico col mondo esterno?

Un uomo che non può parlare, ascoltare, toccare, annusare, assaporare, muoversi, che uomo è?
Leggevo la giustificazione del medico che si rifiuta di staccare la macchina. Per carità, capisco anche lui, ma sentite quello che ha detto in proposito:


Su richiesta del paziente, rispettandone la volontà ed essendo egli lucido, dovrei staccare e sedare per evitare sofferenze. Nel momento che il paziente è sedato e quindi non è più in grado di decidere, risultando in pericolo di vita dovrei procedere immediatamente a riattaccarlo e ristabilire la respirazione. Pertanto sono obbligato per legge a rispettare la volontà, ma allo stesso tempo sono obbligato a rispettare la legge nel momento che perde conoscenza e quindi non è più in grado di decidere.

Un bel cavillo filosofico, eh? Un po' come il famoso Comma 22 che recitava: se sei pazzo puoi chiedere di non andare in guerra, ma se chiedi di non andare in guerra non sei pazzo, dunque...
Io credo che ognuno abbia il diritto di decidere autonomamente, in casi come questi, e che la sua volontà debba essere rispettata. E se io dico, quando sono lucido, che voglio morire, la mia scelta deve rimanere valida anche quando non sono più lucido. Non si può giocare con le parole sulla vita di un uomo. E questo governo, che si dice progressista, deve finalmente prendere una decisione.

lunedì 4 dicembre 2006

Compleanno a Roma

Sabato sono stato a Roma a farmi commemorare... pardon, festeggiare dai miei parenti in occasione del mio sessantesimo compleanno. Naturalmente mia madre ha preparato un pranzo per un battaglione che è avanzato anche per il giorno dopo e per i giorni ancora a venire, ed è stata un'occasione piacevole anche per ritrovare persone care che non mi capita spesso di vedere.

Non dirò, come fanno molti: ho sessant'anni ma me ne sento venti. Sarebbe una bugia, e chiunque lo dica mente per la gola. No, ho sessant'anni e me ne sento sessanta, ma li accetto e li apprezzo anche per quello che mi possono dare.

Sono vivo e vitale, faccio un lavoro che mi piace (anzi più di uno), ho interessi e curiosità, e la mente ancora abbastanza lucida, anche se mi sono un po' impigrito, e non ho più l'elasticità dei vent'anni. Continuo a ragionare con la mia testa (o almeno mi sforzo di farlo) e mi accontento di quello che ho. Potrei stare meglio dal punto di vista fisico se smettessi di fumare, ma non ci riesco e cerco di non farmene un cruccio. Sarà quel che sarà. Col tempo ho imparato a diventare un po' fatalista, a non aspettarmi troppo, ma anche a non rinunciare mai a sperare. In che cosa non lo so, né m'importa più di tanto. Ma trovo bello pensare sempre che domani è un altro giorno, e che non si sa quello che porterà con sé.

Già questo basta perché valga la pena di aspettare con ansia la prossima alba.