giovedì 17 giugno 2010

Un piccolo intervento chirurgico

Lo confesso, ho barato. Sì, è vero che sta per arrivare Lolo, ma la verità è che ho dovuto sottopormi a un piccolo intervento chirurgico (per i più curiosi: digitare l'acronimo TURV su Google), e così la mia testa era da tutt'altra parte.

E' andato tutto bene. Mi sono trattenuto in ospedale (quello di Bracciano, vicino Roma) per una settimanella e adesso sono di nuovo al lavoro.  Era la mia prima esperienza di ospedalizzazione e così l'ho vissuta almeno all'inizio con qualche trepidazione, non sapendo bene cosa aspettarmi, ma alla fine si è rivelata cosa di modesta entità e, addirittura, un'esperienza che mi ha stimolato qualche riflessione.
Un ospedale è un mondo a parte, un microcosmo con orari e regole ben definiti, del tutto diversi da quelli della vita di tutti i giorni. Il tempo scorre lento, a volte sembra non scorrere affatto, e ci si ritrova a desiderare il giro di visite dei medici, o la pulizia della camera pur di rompere la monotonia. Ho consumato il corridoio dell'U.O. Chirurgia a furia di passeggiare, e sono anche arrivato a non farmi i fatti miei (cosa che solitamente faccio, e anche bene) per poter scambiare quattro parole con qualcuno. I pasti sono quello che sono (inevitabilmente, aggiungo), ma una settimana a dieta semiliquida è troppo anche per uno come me che qualche chilo da smaltire ce l'ha eccome.
Detto questo, però, ci sono anche degli aspetti positivi. Ho trovato un personale medico molto disponibile e professionale, e soprattutto uno staff di infermiere giovani e gentili che in certi momenti mi hanno davvero risollevato il morale. E soprattutto ho vissuto in prima persona il valore della solidarietà. Un ospedale è un mondo di persone che soffrono, a vari livelli di gravità. Sorge spontaneo l'impulso ad aiutarsi, a venirsi incontro, a partecipare in prima persona al disagio o al dolore degli altri. Io, che non sono un chiacchierone, in certi momenti mi sono scoperto quasi logorroico, bisognoso di parlare e di ascoltare, di essere parte attiva di quel mondo, dove c'è gente che va e viene, ogni sorta di caso umano e clinico, e alla fine ci si accorge che è una vera e propria scuola di vita. E proprio perché c'è tanto tempo libero, viene spontaneo riflettere e farsi delle domande.
Mentre stavo eseguendo l'ecografia cardiaca e guardavo sul monitor il mio cuore che pulsava regolarmente mi ha colpito un'idea: l'uomo è in grado di costruire una macchina che funziona senza mai interrompersi, senza pezzi di ricambio e senza manutenzione per sessantatré anni? La risposta è no. E invece il nostro cuore è lì a testimoniarci la bellezza di questo meccanismo straordinario e, se vogliamo, la piccolezza dell'uomo di fronte al creato.

E dunque grazie a tutti, in particolare a Luana, Roberta, Livia, Giulia, Cristina, Jole, Anna, Fabiana (le infermiere, e di qualcuna non ricordo il nome), e al mio amico Massimiliano, scaricone e metallaro, con cui ho condiviso momenti molto belli e che ricordo con affetto. Sono ancora qui, più ricco di prima, e ho intenzione di restarci a lungo.

 

mercoledì 2 giugno 2010

La mia lettrice Gemma

Capitano delle occasioni nella vita in cui ci si accorge di non essere soli.

Tu aggiorni regolarmente il tuo blog, sapendo (o credendo) di scrivere solo per te e per quei quattro gatti di amici e parenti che ti seguono quasi per abitudine, e un giorno ti ritrovi un commento da una perfetta sconosciuta. Gemma, in questo caso, che ha scritto parole molto carine su di me (TI LEGGO SEMPRE ED E' UN PIACERE LEGGERE LE TUE FRASI, SONO LEGGERE TENUI E DAI PENNELLATE AI SENTIMENTI DELLA VITA). Lo ha scritto addirittura tutto in maiuscolo, quasi urlando per farsi sentire meglio.

Gemma, non ti conosco e probabilmente non ti conoscerò mai, ma ti ringrazio. Così come ringrazio coloro che ogni tanto mettono il naso nel mio modesto diario e lasciano commenti anonimi, belli o brutti che siano.

Sono diversi anni che ho iniziato questo blog, e continuo a scriverci perché mi piace continuare a credere che facendolo mantenga vivo un contatto approfondito con chi mi legge, ma anche con me stesso. E tutto sommato non tanto (o non solo) per narcisismo, quanto per l'amore puro e semplice dello scrivere che mi accompagna da quando ho imparato a tenere la penna in mano. E' per questo che continuo a preferire un blog (nel quale scrivo, mi racconto e mi firmo) a un social network come Facebook (nel quale in fin dei conti si cazzeggia e basta). C'è molto rumore e poca sostanza.
Adesso però mi concedo un break: fra pochi giorni arriverà in Italia il mio adorato nipotino Lolo, e metterà a dura prova per buona parte dell'estate la mia fibra di nonno lontano. Magari, se avrò tempo e voglia, scriverò qualcosa su di lui. Perché a quell'età i bambini sono tutti da scoprire.