sabato 24 marzo 2012

Stanotte torna l'ora legale, e già questo basta a mettermi di buonumore.
Ma più che altro sono contento perché fra pochi giorni parto per Taiwan. Mi aspettano tre settimane di soggiorno nella nuova casa di Francesco, in un periodo dell'anno che sarà per me una novità assoluta. Ho vissutoTaiwan d'estate, lasciando litri di sudore, e l'ho vissuta d'inverno, con qualche brivido in quelle case senza riscaldamento e l'ebbrezza del Capodanno cinese.
Trascorrerò la Pasqua in quel paese dimenticato da Dio (per sua fortuna, di Taiwan intendo) e avrò agio di andarmene in giro per la tentacolare Taipei, da pensionato che non ha più obblighi di orari, ma solo la voglia di spassarsela per quanto possibile. Rivedrò il piccolo Lolo, con il quale cercherò per l'ennesima volta di stabilire un soddisfacente contatto nonno-nipote leggendogli le storie di Barbapapà.
Insomma un bel po' di cose che mi fanno dimenticare il lungo viaggio in aereo (Roma-Hong Kong 12 ore, Hong Kong-Roma 14 ore!) in attesa che inventino il teletrasporto.
Tornerò alla fine di aprile. sperando di vedere finalmente cresciuti i carciofi, le fave e i piselli che comunque sono sopravvissuti a quella sorta di era glaciale che abbiamo vissuto all'inizio di febbraio.
Non prometto l'ennesimo diario taiwanese, ce ne sono stati fin troppi, ma non si sa mai: l'isola bella potrebbe ispirarmi ancora, nel qual caso non mancherò di farvene partecipi.
Intanto stanotte non dimenticate di mettere le lancette un'ora avanti, e non venitemi a dire che si dormirà un'ora di meno. E' un'emerita fesseria, essendo domenica si dormirà finché se ne ha voglia, e già da lunedì tutto tornerà come prima.
E spero che quanto tornerò avranno cominciato ad accreditarmi la pensione.

mercoledì 14 marzo 2012

A proposito di imbecilli, di cui ahimé la rete abbonda: http://www.gherush92.com/news_it.asp?tipo=A&id=2985
Già il titolo mi fa saltare sulla sedia: VIA LA DIVINA COMMEDIA DALLE SCUOLE.
Ohibò, non che ai tempi del liceo l'avessi amata particolarmente. Mi era piaciuto solo l'Inferno, quello sì tosto e pieno di sacro fuoco. Il Purgatorio una lagna infinita, e il Paradiso... due palle!
Ma insomma chi può negare che si tratti di un'opera colossale, di un caposaldo della letteratura italiana, ma che dico, della letteratura mondiale? Consideriamo l'epoca in cui fu scritta, fine medioevo, quando si cominciava a uscire dai cosiddetti secoli bui (che poi tanto bui non furono). C'era stato il Dolce stil novo, certo, anche quello una gran palla, però bene o male erano gli esordi della lingua italiana, una sorta di Big Bang culturale. Una rivoluzione, a suo modo. E la Divina Commedia non può che essere vista e considerata in quel contesto storico, nell'ottica di quella visione cristianocentrica della chiesa e della società. Quando non esisteva ancora il politically correct, e il giusto e il bello stavano solo da una parte.
Be', questo signore la pensa diversamente. Nel capolavoro dantesco vede "
un’anticipazione delle leggi razziali di epoca fascista" e per lui "E’ uno scandalo che i ragazzi, in particolare ebrei e mussulmani, siano costretti a studiare opere razziste come la Divina Commedia, che nell’ invocata arte nasconde ogni nefandezza". Conclusione: "Certamente la Divina Commedia ha ispirato i Protocolli dei Savi Anziani di Sion, le leggi razziali e la soluzione finale". E alla fine l'esortazione: "Chiediamo, pertanto, al Ministro della Pubblica Istruzione, ai Rabbini e ai Presidi delle scuole ebraiche, islamiche ed altre di espungere la Divina Commedia dai programmi scolastici ministeriali o almeno di inserire i necessari commenti e chiarimenti.".
Alla faccia del caciocavallo! Dante razzista! Dante antisemita, antimusulmano, antitutto! Chi l'avrebbe mai detto? E come si può far leggere a scuola simili orrori ideologici ai poveri studenti non cattolici? Non sia mai, dovessero crescere con qualche turbamento della psiche!
Come se poi quel che la Divina Commedia rappresenta, e cioè il cammino verso la salvezza divina, fosse poi tutto questo gran chè! Un cammino fatto di sofferenze, proibizioni, atrocità, mortificazioni e privazioni per raggiungere un noiosissimo obiettivo spirituale fatto di cori angelici e di amore spirituale. Non c'è spazio per l'amore terreno, per il sesso, per un sano approccio alla vita in quei pochi anni in cui ci è dato vivere fatti di carne e di sangue.
Però francamente tutto questo mi preoccupa. Se dovesse prendere piede una mentalità così estremista, così becera, si aprirebbe una triste prospettiva di censure dagli esiti imprevedibili nel campo della letteratura e dell'arte, e della libera espressione del pensiero.
E non posso non pensare ancora una volta a quello splendido racconto di Connie Willis dal titolo "Rumore" (di cui ho già parlato in un mio post del 2010) in cui la stessa operazione di pulizia ideologica viene applicata all'intera opera di Shakespeare. Per non scontentare nessuno si cancella praticamente tutto e alla fine non rimane che un mucchio di parole senza senso né valore.
Dio ci scampi sempre dai fanatici.

venerdì 2 marzo 2012

Esattamente trent'anni fa, il 2 marzo 1982, moriva per una serie di infatti, nemmeno cinquantaquattrenne, Philip K. Dick. E' stato uno dei più geniali creatori di storie del dopoguerra, e forse dell'intero Novecento. Ancor oggi si continuano a scoprire di lui aspetti nuovi e inquietanti, e Hollywood, in crisi com'è di idee, continua a saccheggiarlo senza vergogna. La critica, anche quella più alta, si sta accorgendo del valore di uno scrittore negletto in vita, confinato nel ghetto della fantascienza, e gli studi e gli articoli su di lui non si contano più. Pensatore e a suo modo anche filosofo, oltre che grande affabulatore, Philip K. Dick, ha visto in anticipo cose che a tutti sfuggivano e le ha trasformate in folgoranti metafore nello spazio del racconto e del romanzo, e in lucide analisi nei suoi scritti critici.
Un esempio? Leggete quanto scrisse nel lontano 1978 in un saggio dal titolo Come costruire un universo che non cada a pezzi dopo due giorni.
<Scrivendo romanzi e racconti che si ponevano la domanda "Che cos'è la realtà?", ho sempre sperato che un giorno avrei trovato una risposta. È la speranza anche della maggior parte dei miei lettori. Il problema è concreto, non è solo una sfida intellettuale. Perché oggi viviamo in una società nella quale i media, i governi, le grandi corporation, i gruppi religiosi e politici producono continuamente realtà fasulle, ed esiste l'hardware adatto a instillare questi pseudomondi nella mente di lettori, spettatori, e ascoltatori.
Lo strumento principale per la manipolazione della realtà è la manipolazione delle parole. Se siete in grado di controllare il significato delle parole, sarete in grado di controllare le persone che devono utilizzarle. George Orwell l'ha evidenziato nel suo romanzo 1984. Un altro modo di controllare le menti delle persone però è quello di controllare le loro percezioni. Se riuscite a fargli vedere il mondo nel modo in cui lo vedete voi, allora la penseranno come voi.
Così, nei miei testi, continuo a chiedere: "Cos'è reale?'' Perché siamo costantemente bombardati da pseudorealtà prodotte da gente estremamente sofisticata, che adopera meccanismi altrettanto sofisticati. Non diffido tanto dei loro moventi, quanto del loro potere. Ne hanno moltissimo. Ed è un potere straordinario, quello di creare interi universi, universi della mente. Avrei dovuto immaginarlo. Io faccio la stessa cosa. È il mio lavoro creare universi in cui ambientare un romanzo dopo l'altro. E devo costruirli in modo che non cadano a pezzi dopo due giorni. O almeno questa è la speranza dei miei editori. Voglio svelarvi un segreto però: a me piace costruire universi che cadano a pezzi. Mi piace vederne lo scollamento, mi piace vedere come i personaggi nei romanzi affrontano il problema. Ho una segreta passione per il caos. Dovrebbe essercene di più.>