venerdì 24 aprile 2009

Gomorra di Saviano

Ho appena finito di leggere Gomorra, di Roberto Saviano. Avete presente un pugno nello stomaco? Stessa cosa. E' un libro duro, impietoso, nel quale si snocciolano nomi, fatti e luoghi di camorra con la ragione di chi la conosce e il cuore di chi la combatte (o vorrebbe combatterla). Ne viene fuori un mondo mille miglia lontano dalle nostre tranquille esistenze, con regole tutte sue, con una logica che, per quanto aberrante, è poi quella che viene imposta con la violenza e che tanti poveri cristi sono costretti a subire tutti i giorni. Ne viene fuori una mentalità deviata che sembra permeare l'intero territorio e l'intero tessuto sociale campano e che non risparmia nessuno o quasi, nemmeno i giovani, nemmeno i ragazzi, nemmeno i bambini. L'impressione è che la malavita abbia già vinto e che non ci sia possibilità di redenzione.

Roberto Saviano ha pagato e sta pagando tuttora, con una vita blindata e solitaria, il coraggio di aver messo per iscritto qualcosa che molti sapevano, ma che non è lecito divulgare. Anche se poi sembra strano che un libro, sia pure documentato e diretto come questo, possa davvero infastidire, possa davvero minacciare un potere così forte e così radicato. Ma forse nell'ottica camorristica questo è un sgarbo che non si può perdonare. C'è un'etica del male che domina i pensieri e le azioni, forse anche più forte della logica del profitto che pure è alla base di tutte le organizzazioni mafiose. Saviano ha osato sfidare l'intoccabilità di un'immagine, rompendo quel velo di omertà che sotto molti aspetti è la vera forza di chi si ritiene al di sopra di tutto e di tutti. E così il suo diventa un libro sacrilego, da mettere all'indice, e lui un eretico da mandare al rogo.

Come nel Medioevo, insomma. E che questi fossero tempi bui me n'ero accorto anch'io.

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