mercoledì 30 maggio 2007

Train-surfing in Brasile

Il mondo è pieno di imbecilli.

Non bastano quelli che si arrampicano sui grattacieli, quelli che corrono "a fari spenti nella notte", quelli che si lanciano nel vuoto appesi a una corda elastica. Adesso in Brasile ci sono anche quelli che praticano il cosiddetto "train-surfing". Salgono sul tetto dei vagoni e saltano da un vagone all'altro mentre il treno procede ad alta velocità, cercando di non cadere e di evitare gli ostacoli che si presentano, cavi elettrici soprattutto. Ogni tanto qualcuno ci rimane secco, folgorato, menomato, o paralizzato su una sedia a rotelle.

Siccome la vita è noiosa, dicono loro, facciamo qualcosa per renderla più emozionante. Almeno, a differenza della droga, si riescono ad abbattere i costi. Morire, infatti, nel caso loro non costa nulla.

martedì 22 maggio 2007

I cinema di una volta

Quand'ero piccolo (sto parlando degli anni 50) andavo spessissimo al cinema. Dalle mie parti (quartiere Prati) c'erano sale cinematografiche in abbondanza, per tutte le tasche, dalla prima visione giù giù fino alla seconda, la terza, la sala parrocchiale (detta volgarmente "pidocchietto"). Si entrava al primo spettacolo e si poteva, volendo, rimanere fino all'ultimo, rivedendo così il film più di una volta. Non bisognava mettersi in fila, tranne il sabato e la domenica, e allora sì che c'era da fare a cazzotti per entrare, e si stava magari per due ore intere sempre in piedi, litigandosi ferocemente il posto che si liberava! Si entrava quando si voleva, anche a metà spettacolo, non c'era da prenotare, né da passare attraverso le forche caudine delle merendine, bibite e caramelle. Se al buio non trovavi il posto c'era la mascherina, in genere una ragazza con un incredibile abito a vita strettissima che la rendeva molto vistosa, e che ti indicava il sedile libero con la luce della torcia elettrica. Cento lire di mancia ed era fatta. Magari dovevi fare alzare tutta la fila per raggiungere l'ultimo sedile disponibile, ma nessuno protestava. Allora le cose funzionavano così.

Al cinema si poteva fare di tutto: fumare, naturalmente, mangiare, gettare i rifiuti per terra, e qualche mamma faceva anche fare la pipì al figlio piccolo, con discrezione, in un angolo della sala. Mi ricordo in particolare il Giulio Cesare, un grande cinema tuttora esistente, che aveva il tetto apribile. Nell'intervallo fra un tempo e l'altro si cambiava l'aria e si vedevano enormi nuvole di fumo che uscivano dalla sala.

Si mangiavano porcherie incredibili, come i mostaccioli (che non ho mai capito bene che cosa fossero), le mosciarelle (che, al contrario, erano castagne seccate, durissime da masticare), le fusaje (in italiano i lupini) e altra robaccia del genere. Qualche volta, soprattutto nelle sale minori, la qualità della pellicola non era un gran che, magari il sonoro non era in sink con le immagini, e allora dalla sala si levavano cori di buuuuh!

Certe volte ci trovavi anche il pedofilo (ma allora nessuno lo chiamava così, si usavano epiteti più coloriti) che ti metteva in mano qualche monetina da cento lire, tu le accettavi e dopo un po' te la filavi a gambe levate, andandoti a cercare un altro posto. Tanto in zona li conoscevano tutti e sapevano come tenerli alla larga.

Erano bei tempi, ingenui e spensierati. O più probabilmente lo era la mia età.

martedì 15 maggio 2007

Carosello

Trent'anni fa, nel 1977, mia nipote Barbara non era ancora nata. Mio figlio Francesco aveva nemmeno due anni. Trent'anni fa finiva Carosello, il primo grande contenitore pubblicitario della TV ancora in bianco e nero.

Per quelli che non c'erano o che erano troppo giovani, Carosello sarà un nome che non evocherà nulla di particolare. Ma per chi l'ha vissuto e frequentato, è il simbolo di una pubblicità che non c'è più, sostituita da quella strillata e spesso provocatoria e di cattivo gusto di oggi. Di un mondo che non c'è più, direi, fatto di sentimenti semplici, di personaggi ingenui, di musiche e battute che sono entrate nel nostro inconscio collettivo.

Carosello equivaleva, per i più piccoli, allo spartiacque fra lo stare svegli e l'andare a letto. Più che una concessione era quasi una regola non scritta. Dopo cominciavano le trasmissioni per gli adulti, e questo significava che Carosello era una trasmissione per i più piccoli, o comunque anche per loro.
Vi hanno preso parte attiva attori, registi, sceneggiatori, disegnatori di prim'ordine. E vi hanno mosso i primi passi personaggi straordinari come Calimero il pulcino nero, Angelino, Gregorio il guardiano del pretorio, Ulisse e l'ombra e tanti altri.

Ma quello che mi ha fatto sempre impazzire è La linea, un bizzoso pupazzo animato da Osvaldo Cavandoli che prende vita da una linea continua (si vede la mano del disegnatore mentre la traccia). Un'invenzione assolutamente geniale.

Per chi fosse interessato, e per tutti i nostalgici di Carosello, c'è un bel sito che si chiama Mondo Carosello (http://www.mondocarosello.com/) in cui si trovano anche numerosi filmati originali degli anni 50, 60 e 70.

lunedì 7 maggio 2007

Antonella

 Esattamente quattro anni fa, il 7 maggio 2003, più o meno a quest'ora, ricevevo questa email:


ciao, sto iniziando a viaggiare qua e la con il computer e la mia inguaribile curiosità mi ha fatto arrivare fino alla tua probabile mail. Se sei Maurizio Nati, laureato in Lingue come me all'Università di Roma (Magistero) nel '70 (o 71?), compagno di viaggio a Londra nell'estate del 1966, mandami una mail, mi farebbe piacere avere tue notizie; would you like to be one of my penpals? Perdona il riferimento infantile all'amico di penna ma i miei alunni mi hanno contagiato e trovo divertente questo tipo di conversazione.

cari saluti Antonella.


Chi è questa Antonella? Ebbene, dovete sapere che è stato il mio grande amore all'inizio dei miei anni venti. Una storia durata oltre tre anni e poi finita miseramente perché mi lasciò con motivazioni che non ho mai capito fino in fondo, e probabilmente nemmeno lei. Una storia come tante, in fondo, in un'età in cui l'amore sembra la cosa più importante della vita e dunque quando finisce ti sembra di morire.

Certo che sono io, le rispondo. Da quale buco nero spunti fuori? O qualcosa del genere.

E così, dopo 34 anni, è ricominciato un rapporto (questa volta solo epistolare) che dura tuttora. E mi sono trovato a rivivere un passato che avevo nascosto da qualche parte dentro di me, ma in fondo mai del tutto cancellato. Combattuto fra il ricordo di una ragazza nel fiore degli anni e la realtà di una donna ormai matura, moglie e madre di famiglia. E le due immagini non corrispondono, né potrebbero mai corrispondere.

Da quattro anni ci scambiamo confessioni, battute, pensieri, speranze e fotografie solo per scoprire che non siamo più quelli di allora, che la vita ci è passata sopra e ha fatto di noi due persone diverse. Troppa acqua è passata sotto i ponti. Ma nello stesso tempo per ritrovare un'amicizia (solo virtuale, per il momento) che quotidianamente ci unisce al di là dei percorsi differenti che abbiamo seguito. E per riscoprire affinità sorprendenti che stranamente allora non bastarono a tenerci insieme. Ma nessun rimpianto, nessuna recriminazione per ciò che poteva essere e non è stato. Non sapremo mai se avrebbe funzionato.

Non ci siamo ancora rivisti. Lei insiste, io nicchio. Lei sta a Roma e io sto qui nelle Marche. Prima o poi succederà, e magari ve ne renderò conto. Per il momento mi diverto a coltivare questo strano rapporto a distanza e a riflettere sull'imprevedibilità della vita. Passare dallo stato di innamorato a quello di pen-pal potrebbe sembrare un'irriverenza, una crudele ironia. E invece è un'evoluzione giusta e coerente, una delle tante nel labirinto delle infinite variabili che ci si presentano spesso e che ci costringono a una scelta. Se giusta o sbagliata, lo scopriremo solo vivendo, come diceva il buon Lucio Battisti.


mercoledì 2 maggio 2007

La fortuna è cieca, mentre...

Un americano ha vinto un milione di dollari a una lotteria spendendo una somma irrisoria. Il tapino, vinti tutti quei soldi a gennaio, ha scoperto di avere un cancro ai polmoni a febbraio e a marzo è morto. Quando si dice ironia della sorte!

Faccio bene io, che non ho mai comprato un gratta e vinci o un biglietto della lotteria, non gioco al totocalcio, all'enalotto, al superenalotto, al videopoker, nemmeno alla tomboletta di Natale. Mi accontento di quello che ho. Meglio non sfidare la fortuna. Che come si sa bene è cieca, mentre la sfiga ci vede benissimo.