venerdì 30 dicembre 2011

Per Natale sono andato a Roma. Visita d'obbligo, o quasi.
Arrivo a Termini il pomeriggio del 24, e vado a prendere la Metro. I cestini della spazzatura traboccano e sui marciapiedi c'è di tutto, comprese pile di giornali buttate lì non si sa da chi e per quale motivo. Nessuno ha pulito, quel giorno. Mi sono vergognato di essere italiano, e romano.
La mattina del 25, una splendida giornata con un sole quasi primaverile, me ne vado a San Pietro, come facevo spesso da ragazzo. Arrivo al colonnato e trovo dei tornelli con metal detector per accedere alla piazza. Ti frugano borse e borselli. Entro in San Pietro e mi vado a vedere la Pietà di Michelangelo. E' sempre lì, piccola e irraggiungibile, dietro una enorme vetrata (immagino antiproiettile).
All'esterno i papa-boys urlano e cantano isterici. Qualcuno ha forse dormito lì per essere in prima fila alla benedizione urbi et orbi. Turisti orientali (giapponesi, ma non solo) impazziscono con le loro fotocamere digitali, senza probabilmente nemmeno sapere cosa stanno fotografando. La piazza è piena di poliziotti in borghese e non.
Me ne vado avvilito, domandandomi come si possa vivere in una città del genere, che in certe parti sembra zona di guerra.
Arrivo in Piazza Risorgimento e lo sguardo mi cade su un semaforo. Allibisco, non ci posso credere. C'è il conto alla rovescia per i pedoni che indica quanti secondi mancano al rosso. Come a Taipei! Non c'è il pupazzetto che cammina e poi si mette a correre, ma è già un passo avanti.
Il 26 riprendo la Metro per andare a Termini. L'immondizia è sempre lì, se possibile ancora di più.
Buon 2012 a tutti.

venerdì 23 dicembre 2011

A Natale sono tutti più buoni. Io no.
Sono buono tutto l'anno, dunque non ho motivo di cambiare a Natale. Anzi, mi incazzo perché vedo tante banalità, tante ipocrisie, tanti sprechi. La gente si affanna a comprare di tutto, si riempie il frigorifero perché non si sa mai, metti che dovesse mancare l'uva sulla tavola (l'uva? In pieno inverno?). Non ha soldi per fare grandi acquisti ma al regalo non si può rinunciare, è un obbligo (sennò che figura ci faccio?), e così si precipita in quei tristi mercatini dove però tutto costa poco (e vale anche poco).
Oggi sono andato a fare un po' di spesa (be', anch'io devo mangiare, ogni tanto): guardo nel banco frutta del supermercato (non il solito Eurospin, però, perché lì non sempre trovo tutto quello che cerco, ma al mitico Villa Shop) e che ti vedo? Quei meravigliosi, succulenti mandarini cinesi dei quali mi abbuffo ogni volta che vado a Taiwan. Si mangiano con tutta la buccia e io li adoro. Prezzo, per un cestino da 200 grammi? Quasi cinque euro. Li ho lasciati lì, sia pure con un certo rammarico. Ci sono delle cose che mi rifiuto di acquistare perché trovo il prezzo eccessivo. Ok, magari i mandarinetti vengono dalla Cina e ci sta che siano un po' cari, ma farmi fregare in nome della (pretesa) qualità o del fatto che "è la tradizione", no grazie.
Per fare un altro esempio: in un supermercatino dove ogni tanto prendo al volo cose che mi servono lì per lì vendono da mesi un prosciutto spagnolo che costa la bellezza di 57,40 euro al chilo! Avete capito bene, più delle vecchie centomila lire. Ora io mi dico, ma ci sono tanti prosciutti meravigliosi in Italia, a cominciare dal Parma, che costano la metà e anche di meno. Lo stesso Culatello di Zibello, che piace tanto a Francesco e Rose, non arriva nemmeno lontanamente a quella cifra. E allora perché devo svenarmi per un qualsiasi prosciutto spagnolo? Però la mia amica commessa dice che si vende. Valli a capire, gli italiani, sempre a piangere e poi con le mani bucate.
E allora quest'anno niente auguri di buon Natale a nessuno, e che la Befana porti tanto carbone a tutti.
Vabbe', esclusi quelli a cui voglio bene...

sabato 17 dicembre 2011

E così pare che non sarà possibile leggere i sei anni di post del buon Horselover. La migrazione da Splinder a Blogger ha cancellato tutto. Anzi, no, non cancellato, perché li ho salvati dal primo all'ultimo, ma voi tapini non potrete più leggerli. Magari prima o poi ci farò un libro.
Comunque, con l'occasione, me li sono riletti tutti. E mi sono anche divertito, scoprendovi una varietà di temi affrontati di cui non mi credevo possibile. Non sono alta letteratura, certo, ma costituiscono una lettura sempre piacevole, qualche volta brillante, qualche volta meno, e ci sono molti spunti interessanti che si potrebbero anche approfondire. E, cosa più importante, poi, sono scritti in un buon italiano.
E questo lo dico non per per sbrodolarmi, ma perché il buon italiano sta diventando merce rara. Molti giovani non sanno scrivere perchè non leggono, e quello che scrivono è pesantemente condizionato dalla brutta tendenza all'utilizzo dell'italiese dei messaggi, quello fatto di k, x e altre brutture.
Quando ero più piccolo avevo l'abitudine di scrivere su due quaderni separati i giudizi sui film che vedevo e sui libri che leggevo. Alcuni li conservo ancora, e anche se si trattava di opinioni di un critico in erba, con tutti i limiti dell'età e dell'inesperienza, erano scritti in modo impeccabile.
Ho sempre letto molto, fin da quando ho imparato i primi rudimenti della lettura alle elementari. Appena adolescente facevo a gara con il mio amico Walter a chi leggeva di più: ognuno di noi aveva un quadernetto in cui segnava autore e titolo dei libri letti, e nessuno dei due barava. Arrivammo a oltre 1000 titoli, poi ci accorgemmo che eravamo cresciuti e lasciammo perdere. Ma non ho mai concepito, nemmeno lontanamente, l'idea di non avere un libro da leggere. Una volta lo leggevo anche sull'autobus, quando lo prendevo. Mi è capitato anche di leggerne due o più insieme, ma è una pratica che ho quasi abbandonato perché non ho più il cervello così elastico. In realtà, però, adesso lo sto facendo, ma uno dei due è una rilettura (che naturalmente ho scoperto essere diversissima da come la ricordavo) e occupa le mie quotidiane sedute in bagno (mentre l'altro è sul comodino e lo leggo la sera prima di dormire).
Insomma, leggere è un vero piacere, ed è propedeutico al buon scrivere.
E sia chiaro, parlo di leggere un libro vero, di carta, non un libro virtuale, un e-book. Mi piace toccare la carta, sentirne l'odore, sfogliare manualmemnte le pagine. Sono al contempo un bibliomane, un bibliofilo e un bibliofago. Uno di quelli che i  libri li amano, li conservano e li mangiano, per così dire.
Spero che il buon Dio, o chi per lui, mi mantenga a lungo una buona vista.

sabato 10 dicembre 2011

Mi piace il sabato. L'ho sempre amato, fin da quando ero ragazzino. E' un giorno speciale che ha in sé la promessa della domenica, tutta lì ancora da vivere. Il concetto leopardiano del Sabato del villaggio.
Mi piace anche la domenica, ma fino a un certo punto. Quando la giornata si avvia verso la fine c'è un altro concetto leopardiano che emerge, quello della Sera del dì di festa.
Non riesco a liberarmi di queste due senzazioni che mi invadono, il sabato e la domenica, nemmeno adesso che ho superato (o dovrei aver superato) l'età degli squilibri ormonali dell'adolescenza. Mi rimane sempre l'idea del sabato festoso che pian piano cede il passo a una domenica inizialmente anch'essa festosa, poi via via più malinconica, ben presto minacciata dall'incombente presenza del lunedì.
Da gennaio, poi, tutto questo non avrà davvero più senso, dal momento che per me non ci saranno più sabati e domeniche, o se preferite saranno tutti sabati e domeniche. Beatamente pensionato avrò dunque solo il problema di decidere se considerare ogni giorno un sabato o una domenica. Un po' come il discorso del bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto. Essendo persona tendenzialmente positiva propendo per la prima ipotesi, ma essendo anche persona tendenzialmente controcorrente devo anche mettere in conto un aspetto che potrebbe forse stuzzicarmi: lavorare quando gli altri si riposano, riposarmi quando gli altri lavorano.
Non c'è niente di leopardiano in tutto questo. E' solo lo sproloquio di uno che ha deciso di scrivere un post, qui e adesso, senza avere in realtà niente da dire. E scrivere senza aver niente da dire è cosa che non tutti sanno fare.

sabato 3 dicembre 2011

Blog nuovo, vita nuova

In attesa di emigrare all'estero in cerca di lidi più vivibili di questa disastrata Italia, mi limito a emigrare da un sito all'altro con il mio blog. Splinder chiude il 31 gennaio, ma per chi mi cercherà ancora lì ci sarà un redirect a questo sito.
Tanto per cominciare alla grande inauguro i miei interventi con una notizia clamorosa. Dal primo gennaio andrò in pensione. Sembrava che potessi restare un altro anno, e invece no. Mentre tutti blaterano di allungare l'età pensionabile, a me che chiedevo di rimanere un bel calcio in culo e tanti saluti.
Vabbe', chissenefrega. Tanto un po' di cose da fare ce le ho e un po' me le inventerò. Ne ho già parlato in un mio precedente post e non mi ripeterò. E comunque ero già preparato mentalmente a questo evento. Finisce una fase della mia vita, ne comincia un'altra. Come sarà dipenderà soprattutto da me, da quel che riuscirò a tirar fuori dalla mia nuova esistenza di pensionato. Intanto ieri ho compiuto 65 anni, e anche quella è una bella tappa. Biglietti a metà prezzo al cinema, sconti sulle ferrovie, vuoi mettere? Insomma, ancora tanto da godere, magari con qualche acciacco, ma sempre con la testa lucida. La cosa che mi spaventa di più è perdere il ben dell'intelletto, rincretinirmi, ridurmi a una larva. Per il resto non ho paura di nulla.
Mo' mi devo organizzare per passare tutto il mio bagaglio di lavoro e di esperienze (ed è tanto, credetemi) ai vari colleghi. Sto creando la mia successione, ma con la mente sono già altrove, a quel primo gennaio 2012 in cui cambierà il mio status sociale.
Pensionato. Fa tanto vecchietto che gioca a bocce ai giardini, o a briscola in qualche squallido circolo per anziani, o magari ospite di una casa di riposo chiamata "Villa dei fiori".
Invece per me significa reinventarmi, decidere che cosa farò da grande. Spero solo che nel 2012 non finisca il mondo come dicono i Maya. Sarebbe proprio una bella fregatura!