venerdì 24 aprile 2009

Gomorra di Saviano

Ho appena finito di leggere Gomorra, di Roberto Saviano. Avete presente un pugno nello stomaco? Stessa cosa. E' un libro duro, impietoso, nel quale si snocciolano nomi, fatti e luoghi di camorra con la ragione di chi la conosce e il cuore di chi la combatte (o vorrebbe combatterla). Ne viene fuori un mondo mille miglia lontano dalle nostre tranquille esistenze, con regole tutte sue, con una logica che, per quanto aberrante, è poi quella che viene imposta con la violenza e che tanti poveri cristi sono costretti a subire tutti i giorni. Ne viene fuori una mentalità deviata che sembra permeare l'intero territorio e l'intero tessuto sociale campano e che non risparmia nessuno o quasi, nemmeno i giovani, nemmeno i ragazzi, nemmeno i bambini. L'impressione è che la malavita abbia già vinto e che non ci sia possibilità di redenzione.

Roberto Saviano ha pagato e sta pagando tuttora, con una vita blindata e solitaria, il coraggio di aver messo per iscritto qualcosa che molti sapevano, ma che non è lecito divulgare. Anche se poi sembra strano che un libro, sia pure documentato e diretto come questo, possa davvero infastidire, possa davvero minacciare un potere così forte e così radicato. Ma forse nell'ottica camorristica questo è un sgarbo che non si può perdonare. C'è un'etica del male che domina i pensieri e le azioni, forse anche più forte della logica del profitto che pure è alla base di tutte le organizzazioni mafiose. Saviano ha osato sfidare l'intoccabilità di un'immagine, rompendo quel velo di omertà che sotto molti aspetti è la vera forza di chi si ritiene al di sopra di tutto e di tutti. E così il suo diventa un libro sacrilego, da mettere all'indice, e lui un eretico da mandare al rogo.

Come nel Medioevo, insomma. E che questi fossero tempi bui me n'ero accorto anch'io.

venerdì 17 aprile 2009

La superstizione

Venerdì 17.

Chi è superstizioso oggi si gratta, o magari non esce nemmeno di casa. Nei paesi anglosassoni, invece, se ne fregano, perché per loro il giorno sfortunato è il venerdì 13.
Ma da dove viene questa credenza, tra l'altro così radicata?

La spiegazione più accreditata è che il suo equivalente in numeri romani (XVII) anagrammato formi la parola VIXI, cioè ho vissuto, e adesso sono morto. Un po' fiacchetta, come spiegazione.
Un'altra si lega invece alla data di venerdì 17 ottobre 1307, in cu Filippo il Bello fece trucidare i cavalieri templari. Anche questa mi sembra un po' tirata per le orecchie. Chissà quanti avvenimenti positivi si sono verificati in qualche venerdì 17, ma nessuno ne ha mai parlato.

Altri sostengono che il diluvio universale, secondo l’Antico Testamento, iniziò il 17° giorno del secondo mese, ma qui siamo nel campo della fantasia, o quasi.

Insomma, tirando le conclusioni, non esiste un motivo valido per ritenere sfortunato il giorno di venerdì 17. E' un mito nato chissà quando, chissà dove e chissà per quale strampalata ragione. Così come tanti altri: il gatto nero che ti attraversa la strada, lo specchio rotto che porta jella, o la scala sotto la quale non si deve passare.

Storielle popolari, per dirla tutta, di quelle che una volta si raccontavano nelle fredde sere d'inverno quando non c'era un cavolo da fare.

Io non sono superstizioso. Ritengo che una persona intelligente e razionale non dovrebbe esserlo, ma naturalmente tutti sono liberi di comportarsi come credono. Oppure di far proprio il titolo della commedia di Eduardo De Filippo: Non è vero ma ci credo. Che poi è forse il modo migliore di salvare capra e cavoli.

Poi magari il destino deciderà che debba morire un venerdì 17, ma a quel punto non credo che me ne importerà più molto.

sabato 11 aprile 2009

I terremoti

Il terremoto è un bastardo che da sempre ti coglie di sorpresa quando meno te l'aspetti. E la sensazione che si prova quando tutto comincia a tremare sotto e intorno a te è da sempre la stessa:

Non c'è modo di prevedere un terremoto. Si può però sapere con buona approssimazione dove è più probabile che colpisca, e con quale intensità. E' il cosiddetto rischio sismico. Sapete come è stato calcolato? Frugando nei libri e nelle carte. Esistono innumerevoli testi a stampa e cronache manoscritte in cui si descrivono scosse sismiche. Per anni si sono setacciate biblioteche e archivi alla ricerca di notizie di questo genere, poi queste notizie sono state elaborate sulla base delle informazioni, dirette o indirette: naturalmente descrizioni più approfondite offrivano maggiore occasione di valutare l'intensità di un terremoto. Utilissime a questo riguardo, per esempio, le stime fatte in loco dai tecnici per procedere alla ricostruzione.

In questo modo si è stilato un vero e proprio catalogo nel quale, cronologicamente, sono elencati tutti i terremoti avvenuti in Italia a partire dall'antichità: durata del fenomeno, centri colpiti, danni provocati, numero delle vittime, numero dei feriti, eventuali altri eventi collaterali. I sismologi storici sono in grado di risalire dalla descrizione del danno alla magnitudo. Tutto questo, unito allo studio geologico dell'ambiente, consente di classificare il territorio italiano in zone a differente rischio sismico. L'Aquila è una di quelle in cui il rischio è altissimo e questo lo sapevano tutti, a partire dagli aquilani. Tanto per dire, il terremoto del 1703 fece oltre 7000 vittime.

E allora non si capisce davvero come mai si sia usata la sabbia di mare per il calcestruzzo. Non è solo disonestà: è stupidità criminale. Non pretendo che da noi si faccia come in Giappone, dove i grattacieli resistono tranquillamente a terremoti di intensità spaventosa, ma insomma, deve sempre succedere il disastro prima di correre ai ripari?

Buona Pasqua a tutti, per quello che vale.

sabato 4 aprile 2009

Comincia la quinta stagione di Lost

Lunedì comincia su Sky la quinta stagione di Lost.

Sono un Lost-maniaco, o se preferite un Lost-addict, mi pare di averlo già detto. Per me Lost è la più straordinaria fiction televisiva che mente umana abbia mai concepito. Oggi voglio provare a farvi capire quanto vi sbagliate se non la pensate come me.

C’è un aereo di linea in viaggio da Sydney a Los Angeles che si spezza in tre tronconi sopra un’isola del Pacifico. Due di questi tre tronconi finiscono in una diversa parte dell’isola, e alcuni passeggeri si salvano fortunosamente. I 48 del troncone di testa cercano di organizzarsi in attesa dei soccorsi.

Sembrerebbe il classico disaster movie a lieto fine, ma non è così, e per una serie di motivi.

1. Nessuno può sapere dove si trovino i sopravvissuti perché l’aereo, prima di spezzarsi, è andato fuori rotta di parecchio, e non sembrano esserci modi per comunicare con il mondo civile. Inoltre qualcuno non vuole che l’isola venga scoperta. Qualcuno invece sì, ma per motivi diversi.

2. Nell’isola ci sono presenze inquietanti (orsi polari, un mostro di fumo che appare e scompare, il piede di una statua gigantesca con quattro dita, il relitto di una nave settecentesca in mezzo alla giungla, strane botole che conducono in laboratori sotterranei, computer antiquati che ancora funzionano, e quant’altro.) Inoltre ogni tanto appare qualcuno che dovrebbe essere morto. E’ un luogo dove avvengono miracoli, come dice uno dei protagonisti.

3. L’isola non è disabitata come si crede. Ci sono degli altri occupanti (gli Altri, appunto) con intenzioni tutt’altro che amichevoli, e soprattutto tutt’altro che chiare. E prima di loro ce ne sono stati altri ancora, impegnati in un misterioso esperimento di immane portata che forse è fallito, forse no.

4. Curiosamente, fra quelli che dovrebbero essere dei perfetti sconosciuti a bordo di un normalissimo volo transoceanico, emergono pian piano inaspettati rapporti, di parentela o di semplice conoscenza, precedenti alla loro disavventura. Come se qualcuno o qualcosa li avesse volutamente messi tutti insieme su quell’aereo a loro insaputa in una sorta di incomprensibile disegno cosmico.

5. Ci sono persone potenti che hanno intenzioni insospettabili su quell’isola e sui suoi abitanti. Persone in grado di portare in fondo all’oceano un finto relitto di aereo con tanto di cadaveri veri per dimostrare che non c’è stato nessun superstite. Ma ci sono anche persone potenti che vogliono difendere l’isola. Da che cosa, ancora non si sa.

6. L’isola non è quello che sembra. E’ come un’entità dotata di volontà propria, e c’è chi dice che possa essere addirittura la chiave per salvare il mondo dalla distruzione. Quando alcuni riusciranno fortunosamente a tornare a casa, si scopriranno tutti infelici, e si renderanno conto di aver commesso un errore. Non era destino che se ne andassero dall’isola, e l’isola li rivuole indietro. Il perché non si sa, e non si sa nemmeno il come, dal momento che nel frattempo l’isola è stata “spostata” (Nello spazio? Nel tempo? E’ solo una delle tante domande).

Questo, per sommi capi, nelle prime quattro stagioni. Con una quindicina di personaggi tutti di grande spessore, ai quali ci si affeziona inevitabilmente. Nessuno tutto bianco o tutto nero. Non ci sono buoni e cattivi, ognuno ha le sue luci e le sue ombre, e soprattutto cambia, evolve nel tempo. E dopo un po’ nessuno è più quello che era (o che sembrava) prima, e qualcuno ancora non si capisce bene chi sia veramente, perché la linea di confine fra bene e male è davvero molto sottile.

Che altro aggiungere? In 85 episodi i creativi di Lost (Abrams, Lindelof e Cuse) hanno costruito un giocattolo affascinante pieno di domande e (al momento) con poche risposte. Sfoggiando a piene mani citazioni erudite di ogni tipo, che ne fanno comunque un prodotto sofisticato e ambizioso. Hanno promesso che nelle restanti due stagioni daranno le risposte che mancano, e che alla fine sarà tutto spiegato.

Lo spero vivamente, per la mia salute mentale.

Ah, e per chi non ha il satellite, Lost viene successivamente trasmesso in chiaro da Rai Due, anche se in orari un po’ bizzarri.