venerdì 30 novembre 2012

Ne ho sentite tante di fesserie sulle sigarette e sul fumo, ma questa le supera tutte. In Australia da domani non sarà più permesso vendere pacchetti di sigarette con il marchio del produttore. I pacchetti saranno tutti uguali, tutti color verde schifezza (verde moccio, si potrebbe dire parafrasando James Joyce), senza alcun elemento che consenta di individuare chi lo ha prodotto, che tipo di sigarette ci sono e via dicendo. Scegli a cazzo di cane e non sai quello che prendi. In compenso, tutti avranno ancora quelle stupidissime scritte che dicono che il fumo fa tanto male. Magari con immagini splatter come già si trovano su quelle che vendono a Taiwan. Voi non le avete mai viste, io sì, e vi posso assicurare che non mi fanno né caldo né freddo. Non le guardo, anzi non ci faccio nemmeno caso.
Grazie al piffero, tutti i fumatori lo sanno che il fumo fa male, mica c'abbiamo l'anello al naso. Ma perché io, povero australiano, non devo sapere che cavolo di sigarette andrò a comprare? Non solo di che marca, ma anche se più o meno leggera, con più o meno nicotina, con più o meno catrame, con più o meno schifezze con le quali io, e solo io, decido di farmi male. Come tutti ben sanno, ognuno si affeziona a un certo tipo di sigaretta e la riconosce da quello che c'è scritto sul pacchetto, o dal suo colore. Lo dici al tabaccaio e quello ti accontenta. Fine del gioco. Da domani non più, nel paese dei canguri.
Be', scusate, allora è più semplice e più onesto eliminare del tutto le sigarette. Non si vendono più, punto e basta. Fumatori andate a farvi fottere, lo facciamo per il vostro bene. A quel punto bisognerà rassegnarsi e magari ci guadagneremo tutti, o impareremo a coltivarci il tabacco in giardino. Un po' meno ci guadagneranno le multinazionali del tabacco, ovviamente, ma quelle possono anche schiattare no? Sono brutte e cattive, invece le altre multinazionali sono belle e buone. E molte possono anche avvelenarci producendo porcherie sulla pelle degli sfruttati del terzo mondo. O forse qualcuno non se la sente di toccarle? E già, è gente potente, sempre meglio prendere via traverse e coprirsi di ridicolo con provvedimenti da operetta.
Ma per favore, che la finiscano di prenderci per il sedere. Se proprio si deve fare, la guerra al fumo va fatta per bene, non con questi ridicoli e contorti espedienti. Ma chi sono questi dilettanti che s'inventano certe amenità? Hanno mai fumato? Lo sanno che significa fumare? Conoscono la psicologia dei fumatori? A me sembra di no.
Non gli basta averci relegati al ruolo di appestati?
E mo' mi vado a fumare una bella sigaretta, eccheccazzo!

sabato 24 novembre 2012

Non riesco a convincermi a cambiare le mia abitudini di lettura. Ho sempre letto libri di carta, fin da quando ho imparato l'ABC, e l'idea di leggere libri elettronici mi lascia molto perplesso. Il che è strano, visto che tutto sommato sono un appassionato delle nuove tecnologie. Uso il computer dalla fine degli anni 80, ne ho avuti un'infinità, e ho comprato anche un'infinità di gadget (molti dei quali li conservo ancora in una sorta di personalissimo museo tecnologico di ciò che fu), ma l'e-book proprio non mi attizza, come si dice.
Eppure molti lo usano, e lo trovano anche comodo, in qualche caso economico. Ma per me il libro rimane quello di carta, quello che tieni fra le dita, che ha una sua consistenza, un suo odore, una sua storia. Quello che sta sul comodino. Quello che vai in libreria, lo sfogli, leggi l'ultima di copertina, e poi lo rimetti giù oppure lo acquisti, e con l'occasione guardi anche tanti altri libri. Quello che speri di trovare in una libreria dell'usato, magari malconcio, e quando lo trovi ti senti felice. Quello dove magari hai annotato delle tue osservazioni personali, o hai lasciato un vecchio segnalibro, o una cartolina, e ti riporta indietro nel passato a momenti belli o brutti. Quello che ci hai studiato sopra, quello che hai fatto rilegare, quello che ti hanno regalato per un compleanno e ci trovi ancora la dedica. Quello che ti hanno prestato e non hai mai restituito. Quello che aveva il prezzo in lire e non in euro. Quello che hai voglia di rileggere e ogni volta non è mai uguale a prima. Quello che hai amato, o odiato, ma che comunque ti ha suscitato un'emozione. Quello che insieme ad altri forma una bella macchia di colore sulla tua libreria. Quello che sta sempre lì anche se cambiano le tecnologie, anche se il tuo e-reader è scarico o ti si è rotto.
No grazie, per il momento mi tengo i libri di carta. In futuro si vedrà.

martedì 13 novembre 2012

Dando per scontato che in primavera si andrà a rinnovare il parlamento italiano (ma scontato non è), dando per scontato che vincerà il PD (ma scontato non è), ieri sera abbiamo avuto la possibilità di conoscere meglio i cinque personaggi fra i quali dovrebbe uscire il nuovo premier. Nel confronto su Sky, in un format molto accattivante, ma anche molto imbrigliato, si sono affrontati infatti i cinque candidati per i quali si voterà alla primarie fra due settimane. Il vincente sfiderà... boh, Alfano? Di nuovo Berlusconi? O qualche altro coniglio che uscirà dal cilindro del cavaliere? E poi c'è sempre l'incognita Grillo. Non lo so e per il momento non mi interessa.
Vediamo un po' con chi abbiamo a che fare.
Bersani sembra il più papabile. E' un politico ormai collaudato, e quell'aria da reverendo suona rassicurante anche per chi teme ancora il pericolo rosso. Se l'è cavata abbastanza bene, anche se ha detto e non detto, ma su alcune cose è stato più concreto degli altri.
Tabacci è anche lui un marpione di vecchia data, area ex democristiana. Ha parlato con solida disinvoltura e si è fatto forza con la buona esperienza nella giunta Pisapia a Milano. E' il più al centro di tutti e potrebbe raccogliere i voti dei moderati.
Vendola, sempre sofferente e sempre barocco, è di certo quello che sta più a sinistra, anche se non suscita grandi entusiasmi nell'area ex Rifondazione ed ex Comunisti italiani, né in quella più radicale. Certe sue posizioni estreme gli precludono la possibilità di un successo, ma potrebbe erodere voti a Bersani.
Renzi, sindaco rampante di Firenze, si è trovato perfettamente a suo agio: brillante, spiritoso, a volte graffiante, potrebbe essere l'avversario più pericoloso per Bersani, anche per la sua giovane età e la sua faccia da Pierino. Un nome nuovo in un panorama un po' mummificato, forse una scheggia impazzita, può avere successo.
Ultima e probabilmente senza possibilità la carneade Laura Puppato. A volte un po' in imbarazzo, non è sembrata all'altezza del compito, anche se è stata fresca e spontanea. Possibile che non ci fosse una donna più convincente di lei?
Detto questo, però, non posso non osservare come il confronto sia stato più che altro uno show patinato, un po' all'americana, ma senza grinta. Non ci sono stati fuochi artificiali, né colpi bassi, e c'era un'atmosfera da volemose bene che francamente suonava abbastanza zuccherosa. Un po' perché i tempi erano rigidamente contingentati, un po' perché tutti volevano offrire l'immagine di un partito compatto e affiatato, si è andati avanti senza sussulti, senza colpi di scena, senza pepe, diciamo pure con un una certa noia. Tutt'altra cosa rispetto ai confronti made in Usa dove si menano botte da orbi.
E per concludere, le ciliegine sulla torta. L'ultima domanda del conduttore è stata: fatemi il nome di due personaggi politici che per voi hanno grande importanza. Ecco le risposte.
Tabacci: De Gasperi, Marcora.
Pupppato: Nide Jotti, Tina Anselmi.
Renzi: Mandela e una ignota blogger tunisina.
E fin qui ci possiamo stare.
Vendola: il cardinale Martini.
Bersani: Papa Giovanni.
Ma per favore!