giovedì 29 maggio 2008

La stagione della semplicità

Evviva, è arrivato il caldo. Un po' bruscamente, a dire la verità, ma meglio che un calcio sulle gengive.

Amo la stagione calda perché mi consente di vestire all'insegna della semplicità (cosa che invero faccio anche d'inverno) e della rapidità (cosa che non posso fare anche d'inverno).
Quando fa caldo un pantalone di tuta, una maglietta, e un paio di scarpe da tennis sono tutto ciò che occorre. Li lavi, li stendi e dopo mezzora sono asciutti, così il cambio è assicurato senza fatica e la mattina non perdo tempo a scegliere che cosa mettermi. Un po' come il protagonista del film La mosca (Jeff Goldblum) al quale la ragazza (Geena Davis) chiede: Ma tu non ti cambi mai d'abito? Porti sempre lo stesso. Al che lui risponde: No, mi cambio tutti i giorni. E le mostra il suo guardaroba dove ci sono dieci paia di vestiti, dieci camicie, dieci cravatte, dieci paia di scarpe tutti uguali.
Quando fa freddo c'è da coprirsi di più, poi magari in biblioteca c'è il riscaldamento a palla e così bisogna alleggerirsi. Poi magari piove e io gli ombrelli non li ho mai a disposizione quando mi servirebbero. Poi magari il motore ci mette un po' ad avviarsi, e i vetri sono tutti appannati e non si vede un piffero. Poi magari, in previsione della neve, uno monta le gomme termiche a novembre e le smonta ad aprile senza che siano mai servite a niente (come mi è successo quest'anno). Poi magari d'inverno non puoi mettere su una bella cena con una caprese, tanta frutta e tanta verdura.  Poi magari hai il riscaldamento che funziona a singhiozzo, in certe stanze fa freddo e in altre fa caldo (questo succede a me, in campagna, ma in parte è colpa mia perché c'è sempre una finestra aperta da cui entrano e escono i gatti... Lo so, sono un cretino, me lo dico da solo così vi risparmio la fatica). Poi magari ti raffreddi, ti viene la tosse, ti scola il naso e continui come un imbecille a fumare perché la voglia non ti passa mai, ma le sigarette hanno un sapore sempre più cattivo. Poi magari c'è la nebbia e devi camminare a cinque all'ora con la testa fuori dal finestrino.

Poi magari... be', continuate voi, ce n'è a bizzeffe.

E per questo vado sempre ripetendo che la vita in campagna è bella, ma è un po' meno bella nella brutta stagione, e dunque ogni tanto penso di fare come facevano i signori di una volta: passare l'estate in campagna e l'inverno in città. Ma i soldi per due case non ce li ho, e quindi rimango così. Mi accontento di andare in letargo quando serve.

martedì 20 maggio 2008

Benedetto sia il computer

E che capperi! Splinder è in manutenzione, mi dice di riprovare fra un po'. Ho riprovato fra un po', ma era sempre in manutenzione. Poi, dopo diversi giorni, mi sono rotto e ho provato a entrare lo stesso. Eccomi qua.

Tutta questa storia, però, mi ha dato da pensare. Vi è mai capitato di non avere la connessione  magari per un guasto alla linea telefonica, o di ritrovarvi con il computer che all'improvviso non si avvia o, peggio, va in crash?  Be' , a me sì. E in quei momenti sono tornato indietro di vent'anni almeno, quando tutte queste diavolerie non esistevano.

Allora i libri si catalogavano con la macchina da scrivere, sulle belle schedine di formato internazionale con il buco rotondo sotto. Le trovate ancora, nelle biblioteche, magari piene di correzioni e di aggiunte, insieme a quelle di una volta, manoscritte in bella calligrafia.
Allora le traduzioni si battevano anch'esse a macchina, e se ti sbagliavi giù a correggere di gomma o di bianchetto, e poi a riscrivere sopra, sperando che nel frattempo il foglio non si fosse spostato sul rullo. Quanto a revisioni finali, nemmeno a parlarne. E poi una bella busta, il francobollo e via alla posta, sperando che il plico non si perdesse per strada.

Allora le lettere si scrivevano a mano, magari su carta intestata, e se era una lettera d'amore si attendeva con ansia il postino per vedere se avevamo ricevuto risposta.

Allora le ricerche si facevano sulle enciclopedie (e chi non ne aveva una in casa, magari modesta?). Se c'era da pagare il bollo dell'auto o l'abbonamento alla televisione si andava alla posta e si facevano anche lunghe file in uffici brutti e squallidi, con impiegati brutti e squallidi (oggi gli uffici postali sono diventati dei veri e propri bazar pieni di libri, DVD, elettrodomestici e gadget vari, ma non si capisce mai dove bisogna mettersi in fila, perché non ci sono più quelle scritte belle e chiare di una volta tipo CONTI CORRENTI, RACCOMANDATE, PACCHI eccetera. No, oggi c'è scritto PRODOTTI BANCOPOSTA, ma che diavolo significa? Vabbe', questa è un'altra storia, però).
Insomma, il mondo è cambiato e non lo scopro certo io. Ma siamo cambiati anche noi e certe volte mi sorprendo a ricordare com'ero, che cosa facevo, come mi mettevo in relazione con la vita e con gli altri, e non mi riconosco più. Era un'altra persona, quella, e non solo perché più giovane, ma proprio perché viveva e pensava in ossequio a regole del tutto diverse, con ritmi diversi, con un approccio diverso alla realtà. Che credeva di correre e invece camminava come una lumaca.
Insomma il computer è stata la vera rivoluzione del ventesimo secolo. Non l'automobile, non la televisione, non il volo nello spazio, non la carta igienica (come mi diverto a dire ogni tanto). No, il computer, quella macchina che tutti voi avete a casa, sempre più piccola, sempre più potente, sempre più padrona della nostra vita.

Benedetto sia il computer, dunque, e la rete sua fedele alleata.

lunedì 5 maggio 2008

La comparsa delle lucciole

Questo è il periodo in cui di solito appaiono.

La sera, sopra il prato e in mezzo ai cespugli, cominciano ad accendersi le lucciole, almeno in campagna. Spettacolo straordinario. Ne ho già viste due ieri sera, le prime avvisaglie del trionfo che avrà luogo di qui a qualche giorno. Sono i maschi a emettere quella luminosità intermittente, e sono i maschi che volano, mentre le femmine, luminose anche loro, strisciano al suolo (come sempre si fanno desiderare). E' in questo che la natura è davvero ineguagliabile. Nell'infinita varietà delle sue invenzioni.
Camminare di notte in una strada buia in mezzo a centinaia, forse migliaia di lucciole, è un'esperienza affascinante, sembra di essere sospesi in un mare di luci che si spostano senza requie, silenziose e delicate, intente a vivere una vita ingiustamente breve e a viverla nel modo più appariscente possibile, lasciando una traccia visibile di sè, quasi a voler dire: campiamo pochi giorni, ma sono giorni belli ed esaltanti. Illuminiamo la notte, vi pare poco?
Tutto il contrario degli uomini, che invece vivono tanto e spesso male.