mercoledì 25 maggio 2011

La città & la città di China Miéville

Ho già parlato qualche volta di fantascienza, mi pare. Il mio genere letterario preferito praticamente da quando ho imparato a leggere. Perché non ha confini, non c'è limite a quello che può inventare. E quando è di qualità, può diventare addirittura profetica.

Sono perciò avvezzo alle stranezze, alle acrobazie narrative, alle ipotesi più ardite. Leggetevi qualcosa di Dick e mi capirete.

Ma il romanzo che sto traducendo le batte tutte. A raccontarlo c'è da credere che sia impossibile escogitare una storia come questa, per di più che funziona. Io ci provo.

Immaginate due città-stato che esistono nello stesso spazio fisico, lo condividono, a volte si sovrappongono, a volte si intersecano. Sono due entità separate, ciascuna con la sua tradizione, la sua storia, la sua lingua, la sua valuta, i suoi palazzi, le sue strade, i suoi cittadini, ma sono collocate in un limbo che oltre a contenerle entrambe sembra non avere una localizzazione definita nel mondo. Si trovano da qualche parte nell'Europa dell'est, probabilmente figlie della catastrofe postsovietica. Forse una volta erano unite, non si sa bene, perché la loro storia, all'indietro di un certo limite cronologico, diventa sfumata e inafferrabile. Un cittadino dell'una può vedere e toccare un cittadino dell'altra, una strada dell'una può essere la stessa strada dell'altra, ma con un nome diverso, tuttavia è proibito ogni contatto fra le due realtà. Tutti, fin da piccoli, sono abituati a non-vedere i loro vicini, a ignorare ciò che c'è dall'altra parte. Chi non lo fa commette un reato gravissimo che si chiama "violazione" e può star sicuro che verrà scoperto e sanzionato con pene non ben precisate, ma molto pesanti. Forse l'esilio perenne, forse la cancellazione della memoria. Dunque la città altra è un tabù con cui bisogna convivere fin dalla nascita. Vicina e irraggiungibile.
A un certo punto (per la verità proprio all'inizio) viene trovata una ragazza americana uccisa in una delle due città. Le indagini, condotte da un ostinato ispettore, portano successivamente all'altra, e addirittura a una favoleggiata terza città che quasi nessuno sembra conoscere, ma che pare esistere negli interstizi fra le due. E probabilmente a un complotto di proporzioni inimmaginabili.
Mi fermo qui. Basta per far girare la testa. In fantascienza è facile escogitare idee geniali e poi rimanerne intrappolati per mancanza di qualità nel narrare. In questo caso il rischio era proprio questo, ma per fortuna l'autore è un signor narratore, e così finiamo col trovarci fra le mani un bellissimo romanzo di fantascienza, un bellissimo romanzo poliziesco, un bellissimo thriller urbano e una bellissima parabola sul'incomunicabilità nel mondo d'oggi. Il tutto con una prosa assai ricercata, a volte al limite della sperimentazione. E che tra l'altro mi sta facendo impazzire.
Vivamente consigliato.

Ah, dimenticavo: La città & la città, di China Miéville. In uscita a ottobre per Fanucci.

martedì 17 maggio 2011

Come godo!

Ragazzi come godo! Speravo timidamente in una piccola inversione di tendenza, ma qui siamo di fronte a un cataclisma. Silvio si è beccato una bella tramvata sui denti, e questa è già una grande soddisfazione, ma soprattutto c'è da essere ottimisti per il futuro, forse anche per i referendum. Naturalmente è bene aspettare prima di stappare lo spumante, perché esiste sempre il rischio che Silvio s'inventi chissà quali machiavelli per recuperare il terreno (e sì che i mezzi non gli mancano, quello è capace di andare in giro per Milano con le tasche piene di banconote da cento euro e offrirle ai passanti in cambio di un appoggio al ballottaggio per Letizia che adesso la letizia l'avrà certamente messa da parte), però il segnale è forte e tutti dovranno tenerne conto. Anche il PD, che non può farsi bello di un'affermazione ottenuta in alcuni casi grazie a personaggi che col PD hanno poco a che fare, ma che hanno trascinato il carretto nella direzione giusta. E che dire poi dell'affermazione dei grillini? Anche di questo si dovrà tenere conto, evitando di liquidarli come semplici arruffapopolo che hanno colto un disagio generalizzato. Forse gli italiani hanno cominciato a svegliarsi. Adesso bisogna andare avanti.

Anche a Macerata il mio quasi vicino Antonio Pettinari (lontano parente del mio confinante Gianni) sta andando alla grande. Non che lo abbia votato, l'UDC non è esattamente il mio orientamento politico preferito, ma se proprio doveva andare così, meglio lui che almeno abita a un tiro di schioppo da me e se verrà eletto presidente della provincia magari farà qualcosa per la frazione di Santa Maria in Selva in cui spesso imperversa a bordo del suo grosso trattore. Migliorare la strada, perché no, oppure fare arrivare la benedetta banda larga o il benedetto metano fino a casa mia.
Questo sì che si chiama saper vedere il bicchiere mezzo pieno e non mezzo vuoto. Il candidato del PDL, Franco Capponi, è probabilmente una brava persona (al comune di Treia lo rimpiangono ancora) ma, come ho già detto, in questa occasione bisognava turarsi il naso e votare "contro". Dunque anche contro le brave persone, se stanno dalla parte sbagliata. E così il 29 maggio mi toccherà votare proprio un candidato di quell'UDC di cui sopra parlavo. Misteri della politica di provincia.
Ma intanto continuo a godere smodatamente...

martedì 10 maggio 2011

Blog VS Facebook

Perché continuo a scrivere un blog invece di lasciarmi travolgere dal mare in tempesta di Facebook? Osserva acutamente la mia amica Emanuela, che non è una stupida: "Il blog è un'elaborazione, FB è la boutade estemporanea, quello che ti passa per la testa. Il blog è un editoriale o una lettera aperta, ha bisogno di uno spunto e di un'elaborazione. Il commento su FB è la battuta del vicino di banco su qualcosa che sta succedendo in quel momento e sulla quale puoi cambiare idea dopo dieci minuti. Il blog resta là, i commenti su FB spariscono il giorno dopo, per quello sono più spontanei."

Ha ragione. Aggiungo che il blog è di destra, perché espressione di un individualismo esasperato, di un superomismo, se vogliamo, bisognoso di parlarsi addosso, mentre FB è di sinistra perché è la condivisione di un'esperienza, un momento di socialità, di partecipazione. Il blog è mio, FB è di tutti e di nessuno. Il blog non ha regole, FB ne ha eccome. Il blog non costituisce vera comunicazione, è solo una forma di masturbazione mentale. Lo è anche FB, in qualche modo, ma almeno condivisa. Ci si fa le seghe insieme, e volete mettere...

Blog o non blog, è questo il problema. Dopo quasi sei anni è giunto il momento di affrontarlo.

martedì 3 maggio 2011

Non crediamo a tutto ciò che sentiamo

Voltaire non ha mai scritto né detto «Non sono d’accordo con quello che dici, ma darei la vita perché tu lo possa dire». Un mito che cade. Quante volte ci siamo fatti belli con questa frase, spacciandoci per fini conoscitori della filosofia dell'illuminismo? Tante. In realtà la vita è piena di frasi fatte, di cose che diamo per assodate quando non lo sono. Un po' come quando, qualche post fa, avevo citato quelle belle parole che ritenevo veramente "trovate nell'antica chiesa di San Paolo a Baltimora", e invece erano di tutt'altro periodo, e avevano anche un autore.

La morale è che non bisogna accettare niente a scatola chiusa, soprattutto oggi che siamo sommersi da informazioni che se da una parte creano confusione, dall'altra ci offrono però la possibilità, sapendo cercare, di chiarire tanti dubbi.

Guardate la foto di Bin Laden ucciso, per esempio. Solo dieci, facciamo vent'anni fa, tutti l'avrebbero presa per buona, e nessuno avrebbe smascherato il falso, se non a prezzo di grande fatica, e comunque senza la visibilità mediatica di oggi. Invece è stata subito sputtanata, tra l'altro aggiungendo dubbi a una notizia che già di dubbi ne offre non pochi. E' davvero morto, Bin Laden? Quando è morto? Dove è morto? Come è stato ucciso? Che fine ha fatto il suo corpo? Come si fa a dar credito agli americani che assicurano di avere il suo DNA? Dove l'hanno preso? E soprattutto, dopo quasi dieci anni finalmente catturi il nemico giurato dell'America e il suo corpo lo getti in mare? Ma per favore...

Tornando a Voltaire, se volete saperne di più andatevi a leggere quello che c'è scritto in: http://lafrusta1.homestead.com/fili_voltaire.html
In sostanza, la leggenda nasce da un testo della scrittrice inglese Evelyn Beatrice Hall, che nel 1906 riportò la frase mettendola erroneamente fra virgolette, e facendo sembrare così che fosse stata pronunciata da Voltaire. Invece era sua.

E per chiudere in bellezza, Galileo Galilei non ha mai detto "Eppur si muove". Sopravvivrò a questa delusione?