mercoledì 18 novembre 2009

Tanti auguri a mio fratello

Visto che parliamo di compleanni, eccone un altro.

Oggi compie gli anni mio fratello Stefano. Vi ho mai parlato di lui? Forse no, e invece lo merita. Perché è più simpatico di me, più vivace di me, più bello di me. Io sembro serio, ma non lo sono. Lui è serio, ma non lo sembra. Io sono un modesto bibliotecario in una modesta città di provincia, lui è un brillante funzionario di una multinazionale a Roma. Guadagna molto più di me, si fa un culo così e fra un po' andrà in pensione.

Siamo sempre andati d'accordo, anche se siamo due caratteri diversissimi (o forse proprio per questo). I quattro anni di età che ci separano (lui è più piccolo) non sono stati un problema fino al periodo dell'adolescenza. A quel punto il gap è diventato significativo e ognuno se ne è andato per la strada sua. Però, anche se da tanto tempo abitiamo lontani e ci vediamo poco, fra noi c'è sempre stato un profondo affetto e molta stima.

Ha un solo difetto: è laziale. Lo è pur essendo nato in una famiglia di romanisti, probabilmente per semplice spirito di contraddizione. Ci siamo sfottuti fino allo sfinimento e rimpiango ancora quei beati momenti di sana passione calcistica. Erano i tempi in cui si entrava senza problemi allo stadio col panino in tasca e la radiolina all'orecchio, nessuno ti perquisiva come se fossi un delinquente, poi ci si sedeva sulle scomode panche di legno dell'Olimpico e si tifava liberamente per la propria squadra. C'era ancora il mitico Angelino che vendeva il caffè dello sportivo (le bottigliette di Borghetti), e verso Monte Mario si vedevano i tifosi più sfigati che si arrampicavano sulla Madonnina per sbafarsi la partita da un quattro-cinquecento metri di distanza. Adesso la Madonnina è caduta, travolta dal vento e forse dalla vergogna di assistere a un calcio mortificato e svenduto agli sponsor e agli approfittatori.

Stefano continua ancora ad andare allo stadio, io non più, ma la fede è rimasta la stessa, sia pure in presenza di una situazione poco rosea per entrambe le squadre. Se Stefano piange, Maurizio non ride.
Che ci volete fare? E' la vita.

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