lunedì 29 novembre 2010

Mi ha scritto una tale Oksana...

Ho ricevuto una email da una ragazza, una perfetta sconosciuta, tale Oksana. Chissà a quanti di voi sarà capitato. Ve la trascrivo qui sotto perché è bellissima:


Ciao bello straniero, sono contento che incontriamo il mio nome Oksana. Sto guardando per loro mezzo unico e inimitabile. Io sto cercando non e semplicemente un uomo che sto cercando un altro, questo amico per tutta la vita. Calda dolce ragazza. Me per 27 anni. Stanco della solitudine e si desidera trovare la sua felicita! Un poco su di me: mi piace creare confortevole, amo quando il pozzo di casa e con calma, misurare serio e responsabile, correzione la ragazza. Inoltre I emotive e sensibili su. Possono essere problemi Spiritoso e buon divertimento.  Per me sola vita priva di significato. Sulla semplicita, posso dire che si apre la cartella di lavoro. Appena letto. Se Kam interessanti su di me quindi scrittura! Attendo con grande risposta.


Segue indirizzo a cui rispondere.

Perché è bellissima? Perché è scritta in un italiano meravigliosamente reinventato da uno dei tanti traduttori automatici che si trovano a disposizione. Talmente reinventato che non si capisce davvero nulla, non si riesce nemmeno vagamente a risalire all'originale. 

Che vorrà dire "amo quando il pozzo di casa e con calma"? E che sarà mai quella cartella di lavoro che si apre sulla semplicità? E chi (o che cosa) sarà infine quel "Kam" di cui all'ultima riga? Misteri che non verranno mai svelati.

Umberto Eco ci sguazzerebbe.

Io ne ricevo tante, di queste missive. Per lo più di ragazze russe, con spesso allegate fotografie (castissime, per carità) palesemente fasulle. Ragazze che cercano amicizia, amore o chissà che altro.

Non ho mai risposto, per fondamentale diffidenza, ma mi sono sempre domandato quale sia il senso di queste operazioni. Cui iuvat? Non ti rimandano a un link dove magari possono rubarti i dati, e non sembrano esserci minacce apparenti in questi gioielli di romantico abbandono alla ricerca del principe azzurro della rete.

Chi sarai, enigmatica Oksana? Un fantasma generato dal computer? La multiforme espressione di un raggiro misterioso? Una creatura in carne e ossa che palpita e freme? Una collezionista bulimica di indirizzi ai quali inviare messaggi criptici?

Non lo saprò mai, ma il tuo nome è così fascinoso che mi viene voglia di scriverci un racconto. Che non pubblicherò mai.


giovedì 18 novembre 2010

Buon compleanno, Stefano!

Quanti scorpioni nella nostra famiglia.

Dopo Francesco e Rose adesso tocca a mio fratello Stefano. 60 anni oggi, portati bene.
Mi sembra di aver già detto che è una persona seria anche se non lo sembra. Ha fatto molto più carriera di me, infatti, ha avuto più successo con le donne, sa suonare la chitarra meglio di me ed è due volte nonno, quasi tre.

Nonostante questo, però, e nonostante il fatto che lui sia laziale e io romanista, ci siamo sempre voluti bene. Non ricordo di aver mai litigato con lui. Quando eravamo più piccoli giocavamo insieme a calcio con una palletta da tennis dentro la grande stanza in cui dormivamo entrambi, sfondando regolarmente la rete del letto, ci sfottevamo sui risultati delle partite, ma sempre con molta signorilità, e discutevamo spesso se fossero meglio i Beatles o i Rolling Stones. Lui naturalmente preferiva i secondi, io i primi.

Un'altra cosa ci differenziava: io amavo molto leggere, lui leggeva pochissimo, era troppo occupato a divertirsi. Per molto tempo si è sparsa la voce che l'unico libro che avesse mai letto fosse un fantomatico romanzo per ragazzi dal titolo Tino Tappo architetto, ma probabilmente è solo una leggenda metropolitana.

Facevamo vita separata. Studi diversi, frequentazioni diverse, spesso orari diversi. Anche perché i quattro anni che ci separano sono stati per lungo tempo un gap quasi invalicabile. Quando lui era bambino io ero ragazzo, quando era ragazzo io ero adolescente, quando era adolescente io ero già grande (o credevo di esserlo). Poi la vita ci ha allontanato (geograficamente), ma ogni volta che ci ritrovavamo era come se non fosse cambiato niente. Amici come prima.

Adesso lui gongola perché la sua Lazio va alla grande, e io non riesco a dispiacermene. Sono contento per lui, questo sì che è amor fraterno!

Dopo una lunga e prestigiosa carriera nelle file della Bose (quella che costruisce casse acustiche per fanatici) si sta (quasi) godendo la meritata pensione. In realtà lavora ancora part-time perché è un po' come Fantozzi, sente la mancanza dell'ambiente di lavoro... non è vero, sono loro che non possono fare a meno di lui. E' un bravo ragazzo, capace e integerrimo, una razza in via di estinzione. E poi per fortuna a casa non ha una signora Pina che lo assilla. No, Tiziana è molto meglio, e anche più bella.

Cento di questi giorni, Stefano!

sabato 6 novembre 2010

Il Politically Correct

A mio avviso il politically correct è la peggior forma di ipocrisia che mente umana potesse escogitare. Mi ritrovo a citare il libro di cui parlavo un paio di post fa, quel "Il medioevo alle porte" che è davvero una lettura illuminante per capire in che mondo viviamo.

Molti esempi li conoscevo (da diversamente abile a non vedente), ma quelli citati nel libro mi risultano nuovi. Qualche esempio? Grasso = portatore di adipe. Lebbroso = infermo hanseniano. Paralitico = ipocinetico. Nano = verticalmente svantaggiato. Sordomuto = sordo preverbale.
Tutti modi edulcorati per definire persone o situazioni che da sempre eravamo abituati a chiamare in un certo modo e che all'improvviso diventano altro, perché ci viene detto che non è più educato chiamarli così. Di certo la loro situazione non cambia, ma cambia (ipocritamente, sottolineo) l'approccio da parte nostra a quella menomazione o caratteristica, e come d'incanto la definizione diventa pulita, priva di connotazioni negative. E' come se gli dicessimo, amico mio, non posso fare niente per te (leggi: non me ne frega un beneamato piffero di te), però ti attribuisco un bel nome, così sembra che sei diverso da quello che sei.

I sordomuti, peraltro, che magari non ci sentono e non parlano, ma non sono scemi, hanno contestato la sostituzione del loro appellativo (decretato da una legge dello stato, attenzione!) sostenendo che "... al di là di tutto le persone disabili preferiscono essere chiamate per quello che sono...). Niente da fare. Dovranno tenersi il nuovo appellativo.

E così la comunità omosessuale americana si è recentemente riappropriata del vecchio termine "queer" (più o meno il nostro "finocchio") in luogo dell'ormai accettato e quasi innocuo "gay". Che a loro suona, giustamente, inappropriato (in inglese gay significa prima di tutto, allegro, gioioso, e per di più si riferisce solo agli uomini, penalizzando in tal modo le lesbiche).

In Inghilterra una direttiva del Ministero dell'educazione ha bandito dalle scuole elementari del regno l'uso di termini come "mamma" e "papà", da sostituirsi con il neutro "genitore" per non turbare i figli delle coppie omosessuali.

Sempre in America, poi, sono stati capaci di inventarsi un'espressione come (udite udite!) "knowledge-base non possessor" (non in possesso del supporto di conoscenze necessarie). Sapete che significa? Semplicemente scolaro ignorante.

Uno scrittore americano ha proposto una versione "politically correct" delle favole più famose. Nel suo Cappuccetto Rosso, per esempio, troviamo un lupo vegetariano ed ecologista che usa materiali non importati per costruire una bella casetta per sé e per i tre porcellini, con i quali fila d'amore e d'accordo.
Ha ragione l'autore del libro, Massimo Arcangeli, quando definisce questa tendenza "talibanismo verbale".
Diversi anni fa tradussi un racconto della scrittrice americana Connie Willis (e Francesco se ne ricorda certamente, perché contribuì anche lui alla traduzione). In questo racconto si narrano le tragicomiche vicende di un'insegnante che tenta proporre la lettura di Shakespeare ai suoi allievi, ma viene ostacolata da una serie di interventi da parte delle più strampalate associazioni che contestano questo o quel concetto, questa o quella parola, e ne richiedono la cassazione. Alla fine, di tutta l'opera del grande bardo si salvano dalla censura solo poche frasi del tutto innocenti e insignificanti, e il resto va perduto per sempre.

Ma si può essere più cretini? Pardon, più "diversamente intelligenti"?