venerdì 22 ottobre 2010

"Esportare" la democrazia

"Alle donne saudite è proibito guidare, viaggiare, stare sole in un albergo, dare il nome ai figli, ottenere un passaporto, lasciare la casa, avere un lavoro, cambiare il colore della propria abaya, andare a scuola o all'università, aprire un conto in banca a nome dei propri figli, sposarsi. Per tutte queste cose ci vuole un permesso".

Non l'ha detto Maometto (almeno non credo) e non è un testo di mille anni fa. E' roba di oggi, così come ce ne riferisce Giuliana Sgrena (ve la ricordate, quella giornalista che fu salvata dal sequestro da un funzionario italiano che poi ci rimise la pelle?). Si riferisce all'Arabia Saudita, ma potrebbe valere per altre disgraziate situazioni in paesi musulmani in cui una donna conta meno di una capra. Iran, Afganistan, Yemen, diverse nazioni africane, per citare le prime che mi vengono in mente.
Allora sorge spontanea la domanda: ma noi (gli occidentali buoni) stiamo spendendo risorse e vite umane per difendere (almeno in Afganistan) questa mentalità barbara? Certo che non è così. Lo facciamo per biechi interessi di tutt' altro tipo di cui in genere non si parla. Affermiamo che lo facciamo per importare la nostra democrazia, ma in realtà cerchiamo solo di colonizzare, schiacciare e omologare (come facciamo da secoli). Abbiamo paura che il fanatismo religioso (che a suo modo è un valore) abbia la meglio sulla nostra indolente presunzione di essere sempre i migliori, che le nostre idee siano le più autorevoli, le nostre credenze le più sante, le nostre abitudini le più giuste. Tentiamo di imporre un modus vivendi perché campiamo vendendo prodotti che di quello sono il necessario nutrimento, spesso aria fritta o bisogni indotti.

Può sembrare un discorso contraddittorio: da una parte condanno una certa mentalità, dall'altra difendo il diritto di non farsi imporre idee altrui. In realtà sto solo cercando di dire che la democrazia, il rispetto, la tolleranza, i diritti umani non si impongono con le armi. Altrimenti il mondo sarebbe già pieno di paesi perfetti. Sono tutti valori che si costruiscono dal di dentro, nel tempo, con l'opera paziente di chi vuole veramente cambiare le cose. Ogni crociata è una barbarie di per sé.

Devo aggiungere che questa citazione di Giuliana Sgrena è tratta da un interessante libro che sto leggendo al momento: "Il medioevo alle porte", di Massimo Arcangeli, nel quale viene formulata l'ipotesi che l'occidente sia alle soglie di una nuova età oscura. Con conseguenze che potrebbero anche essere catastrofiche. Ah, la citazione è incompleta. Ci sono molte altre cose che le donne saudite non possono fare, fra cui "non disturbare il marito e non parlare in pubblico, perché la voce della donna è considerata una sorta di profanazione".

Be', in fondo in fondo...

lunedì 11 ottobre 2010

Il disagio sociale

Ma che succede?

A Milano un tassista investe involontariamente un cane e per questo viene picchiato selvaggiamente, cadendo batte la testa sul marciapiede e finisce in coma. A Roma una donna è finita anche lei in coma per aver ricevuto un pugno durante una discussione con un ragazzo per motivi non futili, futilissimi, a una stazione della metropolitana. In Puglia uno zio uccide e poi violenta (non il contrario, badate bene) la nipote quindicenne e getta il suo cadavere in un pozzo. Sempre a Milano un professore uccide a martellate un coniglio "in classe", davanti agli studenti, perché il tapino non era ancora morto e lui doveva fare lezione di anatomia dal vivo.

Tutti episodi di violenza spicciola, di quelli che sembrano succedere solo nei film d'azione o in quelli dell'orrore. E invece sono veri, concreti, spaventosamente quotidiani. La fatalità ci ha messo lo zampino, in qualche caso, ma tutto nasce sempre da un fenomeno di prepotenza, di mancato rispetto per l'altro (anche se è un animale).

Ora io non voglio arrivare a dire che viviamo in un mondo violento, dove spesso vige la legge del più forte. Esistono numerosi esempi che attestano il contrario (e in genere non se ne parla perché non fanno notizia), ma di certo questi eventi testimoniano uno stato di disagio sociale molto forte, soprattutto nelle grandi città, dove magari si respira aria di intolleranza, di insicurezza, e si tende a esasperare le proprie reazioni.

Il caso della povera Sarah in effetti ci dice altro. Al di là del fatto che la madre abbia saputo della morte della figlia in diretta durante la trasmissione "Chi l'ha visto?" (ma chi glielo ha fatto fare di partecipare? Per ritrovare le persone scomparse ci sono le forze dell'ordine, non è necessario costruirci uno spettacolo sopra), quante donne devono subire la violenza di mariti, padri, zii o fratelli, tutti convinti che di un corpo di donna si possa disporre a proprio piacimento? Novantanove volte non succede niente, la donna subisce e basta, la centesima ci scappa il morto. Adesso diranno che lo zio non era sano di mente, ma quanti zii malati ci saranno in giro?

Quanto al coniglio ucciso a martellate, mi domando che razza di persona può essere un insegnante che porta in classe degli animali per fare lezione di anatomia. E soprattutto come gli sia stato permesso. Una bella martellata dove dico io gli starebbe proprio bene.

martedì 5 ottobre 2010

Sto per andare in letargo

Ottobre è cominciato all'insegna del bel tempo, settembre non era stato male. Certo, ogni tanto piove, ogni tanto il cielo si rannuvola, ma le temperature si sono sempre mantenute su valori accettabili, non c'è ancora bisogno di tirar fuori i maglioni di lana (nel mio caso le felpe tipo pile, che la lana mi fa sentire troppo caldo). Però...

Però la bella stagione è finita e questo si capisce da tante cose, prima di tutto dal progressivo accorciamento delle ore di luce. In campagna poi si vede anche dalle foglie che cadono, dal colore di certe piante, da quel sottile velo di umidità che pian piano si depone sulle cose.
Da alcuni anni a questa parte sono diventato metereopatico. Non vedo l'ora che arrivi l'estate, poi quando arriva se ne va in un attimo e in questo periodo mi ritrovo sempre a pensare che mi aspettano cinque/sei mesi (se va bene) di umor malinconico.

Tutti i giorni vado a vedere il meteo di Sky per controllare se c'è qualche imminente calo di temperatura all'orizzonte, se pioverà, se sarà nuvoloso. Sto diventando paranoico, direi. Il fatto è che in campagna l'inverno è ancora più triste che in città. Quando vedo il prato, fino a qualche settimana fa di un bel verde brillante, che comincia a ingiallire, quando noto che i gatti dormono già appiccicati l'uno all'altro, quando la mattina esco fuori e mi accoglie un frescolino che a luglio avrei anche apprezzato, quando il bagnato sui mattoni non si decide mai ad asciugarsi, quando sotto le scarpe mi ritrovo brandelli di fango... ecco, è il momento in cui il cambio di stagione mi aggredisce in tutta la sua violenza.

Come dico spesso, un po' per celia ma mica tanto, è quasi ora di andare in letargo. Meglio sarebbe se potessi andarci veramente, come fanno certi animali. Mi risveglierei col tepore del primo sole e risparmierei sul riscaldamento.

Oppure vorrei essere un cactus, come affermava il personaggio di un romanzo di Philip Dick (uno scrittore che ne ha inventate, di cose...). Starmene lì senza fare niente. Crescere, semmai, ma senza muovermi, senza mangiare, senza respirare. E in primavera tornare uomo.

Se poi per miracolo allora Berlusconi non ci fosse più, sarebbe il massimo.