venerdì 18 aprile 2008

La ranocchia di Trilussa

No, non voglio parlare di politica.

Ci siamo abbuffati di chiacchiere, di proclami, di promesse, abbiamo fatto il pieno di banalità, ci siamo persi per strada un pezzo di Italia e probabilmente siamo tutti un po' più poveri.
Ma la vita va avanti, anche con una classe politica così becera e volgare, anche con l'esibizione del potere, anche con il trionfo del dio denaro e del celodurismo, anche con la presenza invadente di faccendieri e pregiudicati, anche con l'immancabile fiorire dell'opportunismo.
No, non voglio parlare di politica. Parlerò di poesia. Parlerò di Trilussa, grande poeta romanesco, che scriveva così:

 

La ranocchia ambizziosa

 

Una Ranocchia aveva visto un Bove.

- Oh! - dice - quant'è grosso! quant'è bello!

S'io potesse gonfiamme come quello

me farebbe un bel largo in società...

Je la farò? chissa?

Basta... ce proverò. -

Sortì dar fosso e, a furia de fatica,

s'empì de vento come 'na vescica,

finchè nun s'abbottò discretamente;

ma, ammalappena je rivenne in mente

quela ranocchia antica

che volle fa' lo stesso e ce schiattò,

disse: - Nun è possibbile ch'io possa

diventà come lui: ma che me frega?

A me m'abbasta d'esse la più grossa

fra tutte le ranocchie de la Lega....

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