venerdì 2 marzo 2012

Esattamente trent'anni fa, il 2 marzo 1982, moriva per una serie di infatti, nemmeno cinquantaquattrenne, Philip K. Dick. E' stato uno dei più geniali creatori di storie del dopoguerra, e forse dell'intero Novecento. Ancor oggi si continuano a scoprire di lui aspetti nuovi e inquietanti, e Hollywood, in crisi com'è di idee, continua a saccheggiarlo senza vergogna. La critica, anche quella più alta, si sta accorgendo del valore di uno scrittore negletto in vita, confinato nel ghetto della fantascienza, e gli studi e gli articoli su di lui non si contano più. Pensatore e a suo modo anche filosofo, oltre che grande affabulatore, Philip K. Dick, ha visto in anticipo cose che a tutti sfuggivano e le ha trasformate in folgoranti metafore nello spazio del racconto e del romanzo, e in lucide analisi nei suoi scritti critici.
Un esempio? Leggete quanto scrisse nel lontano 1978 in un saggio dal titolo Come costruire un universo che non cada a pezzi dopo due giorni.
<Scrivendo romanzi e racconti che si ponevano la domanda "Che cos'è la realtà?", ho sempre sperato che un giorno avrei trovato una risposta. È la speranza anche della maggior parte dei miei lettori. Il problema è concreto, non è solo una sfida intellettuale. Perché oggi viviamo in una società nella quale i media, i governi, le grandi corporation, i gruppi religiosi e politici producono continuamente realtà fasulle, ed esiste l'hardware adatto a instillare questi pseudomondi nella mente di lettori, spettatori, e ascoltatori.
Lo strumento principale per la manipolazione della realtà è la manipolazione delle parole. Se siete in grado di controllare il significato delle parole, sarete in grado di controllare le persone che devono utilizzarle. George Orwell l'ha evidenziato nel suo romanzo 1984. Un altro modo di controllare le menti delle persone però è quello di controllare le loro percezioni. Se riuscite a fargli vedere il mondo nel modo in cui lo vedete voi, allora la penseranno come voi.
Così, nei miei testi, continuo a chiedere: "Cos'è reale?'' Perché siamo costantemente bombardati da pseudorealtà prodotte da gente estremamente sofisticata, che adopera meccanismi altrettanto sofisticati. Non diffido tanto dei loro moventi, quanto del loro potere. Ne hanno moltissimo. Ed è un potere straordinario, quello di creare interi universi, universi della mente. Avrei dovuto immaginarlo. Io faccio la stessa cosa. È il mio lavoro creare universi in cui ambientare un romanzo dopo l'altro. E devo costruirli in modo che non cadano a pezzi dopo due giorni. O almeno questa è la speranza dei miei editori. Voglio svelarvi un segreto però: a me piace costruire universi che cadano a pezzi. Mi piace vederne lo scollamento, mi piace vedere come i personaggi nei romanzi affrontano il problema. Ho una segreta passione per il caos. Dovrebbe essercene di più.>

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