venerdì 7 gennaio 2011

Il replicante di se stesso

Non ne posso più. Non ne posso più di vederlo a tutte le ore, su tutti i TG. Non ne posso più della sua invadenza, della sua sicumera, della sua sovraesposizione mediatica. Quando vedo quel volto tutto tirato, quei capelli che sembrano disegnati sulla testa, quell'espressione sempre uguale appiccicata sulla faccia provo un moto di nausea. Sembra finto, sembra il replicante di se stesso, un androide di quelli inquietanti che ci ha raccontato Philip Dick, di quelli che devono essere ritirati dai blade runner quando il loro ciclo vitale è giunto al termine.

Ma il suo ciclo vitale sembra senza fine: è sempre lì a fagocitare tutto e tutti. Mentre noi invecchiamo lui ringiovanisce, quando lo diamo per morto risorge dalle sue ceneri. Big Brother, a paragone con lui, è un dilettante privo di fantasia. E' onnipresente, forse ha il dono dell'ubiquità, forse può viaggiare nel tempo. Riesce a fare cose che noi mortali non immaginiamo nemmeno, più di noi, meglio di noi, prima di noi, non ha mai dubbi, non è mai stanco, non dorme mai, si nutre d'aria o magari è un vampiro che succhia l'energia a chi gli sta vicino, o un Dorian Gray dei tempi moderni. Certe volte mi viene da pensare che ne esista più di uno, almeno due copie di lui, identiche, che si alternano sul palcoscenico: una agisce mentre l'altra si ricarica.

Sa tutto, anche quello che deve ancora avvenire. Infatti la sua storia è già scritta. Non avrà nemmeno l'inconveniente di dover morire, prima di ascendere al cielo. Ci andrà direttamente, senza scalo, e siederà alla destra del Padre (non di certo alla sua sinistra). Poi scalzerà anche lui e ne prenderà il posto, e qualcuno riscriverà il libro dei libri (forse lui stesso).

E' un incubo, qualcuno mi svegli. Ma il brutto è che non sto dormendo...


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