sabato 14 giugno 2008

Mia moglie, che non ho saputo sognare

Tre anni fa Maria Luisa, mia moglie, lasciava questo mondo. Senza troppi rimpianti, immagino, visto che non le ha dato grandi soddisfazioni. Lo ha fatto con pudore, senza clamori. Forse per l'ennesima volta ha avuto paura di dare fastidio e ha tolto il disturbo a modo suo.

Rimpianti ne ha lasciati a me, però, non solo per il modo repentino in cui se n'è andata, ma soprattutto perché mi ha lasciato con la sensazione di non aver fatto per lei tutto quello che avrei potuto. Magari non è vero, ma non lo saprò mai con certezza.

Donna difficile, Maria Luisa, affetta da quel tipo di malessere che non riesci nemmeno a definire. Infanzia difficile, adolescenza difficile, matrimonio difficile. Senza gli strumenti per affrontare le difficoltà. O meglio, senza gli strumenti per metabolizzarle. La consumavano come un tarlo in un mobile antico.

Grandi qualità perennemente inespresse. Era maestra nell'arte di svendersi, o magari era solo timida. Aveva un ideale d'amore che forse esiste solo nei sogni, ma quando esiste è amore con l'A maiuscola. E a proposito di sogni, c'era una bellissima frase che ripeteva spesso, non so nemmeno di chi: ogni donna è del primo che sa sognarla.

Forse non ho saputo sognarla, chissà, l'ho solo amata.

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