mercoledì 19 aprile 2006

Pasqua a Roma

Per Pasqua sono stato a Roma, la città in cui sono nato e in cui sono vissuto fino a trent'anni. La città dove ancora vivono tanti miei parenti. La città dalla quale in pratica sono scappato, rifugiandomi in una regione tranquilla e contadina, passando nel tempo dalla grande città alla piccola città, dalla piccola città alla campagna. La prossima tappa è l'isola deserta o il faro sul promontorio.

Ogni volta che torno a Roma non vedo l'ora di fuggirne. E' troppo rumorosa, troppo sguaiata, troppo affollata, troppo sporca. Una sgualdrina senza più classe, appesantita dal trucco, incapace di sedurre se non con i suoi aspetti più vistosi e celebrati (che ai miei occhi di romano non possono più avere lo stesso fascino), con il ricordo di una bellezza fatta merce a basso costo per torme senza fine di turisti frettolosi, fagocitati dall'industria esasperata del turismo. Una Roma da supermercato.
La ricordo ancora com'era negli anni cinquanta e inizio dei sessanta, bella ma vivibile, senza troppo traffico, profumata in tutte le stagioni, incantevole perché non ancora artefatta, non ancora trasformata in metropoli, non ancora messa in (s)vendita, né svilita da molti suoi figli. Era forse la Roma che amò Fellini e che lui ritrasse così bene nel suo film che proprio dalla Città Eterna prendeva il nome. Nostalgico anche lui nel descriverla com'era prima e durante la guerra, e già capace di coglierne le trasformazioni, l'involuzione, la decadenza. Sarà il destino di tutte le grandi città, forse, che ingoiano fameliche e insaziabili il proprio passato e non sanno proporre un presente altrettanto fascinoso, per non parlare del futuro, che già si intravede nella cementizzazione senza pudori.
Ci sono solo due cose che rimpiango di Roma, oltre al ricordo di com'era una volta: il clima e l'acqua. Lì non c'è bisogno di cappotti, tranne per poche settimane d'inverno. E non c'è bisogno di acqua minerale, perché quella che sgorga dalle mille fontane e fontanelle (i nasoni, per i non romani) è una delizia impareggiabile. Troppo poco per cambiare idea e tornare sui miei passi.

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