domenica 17 giugno 2012

Dopo tanti anni, quasi venti, tornerò in Sardegna con Francesco, Rose e Lolo.
Era un sogno che accarezzavo e temevo di non riuscire più a realizzare. Mi è rimasta nel cuore, quest'isola bella e profumata. Ti accorgi di essere arrivato quando il traghetto si avvicina a Olbia: ne senti subito l'odore, anzi un misto di odori, macchia mediterranea, mirto, ginepro, liquerizia e non so che altro.
Poi scendi e l'odore si fa più forte, e quando arrivi verso il mare anche gli occhi hanno il loro momento di gloria. Colori stupendi, forti e decisi, spiagge incredibili, e un'edilizia tutto sommato abbastanza rispettosa dell'ambiente (almeno era così vent'anni fa). E non c'è solo il mare: l'interno è aspro e fascinoso, a volte desertico a volte lussureggiante. La gente schetta e gentile.
La Sardegna è un luogo in cui è ancora possibile (era ancora possibile?) fare delle scoperte: calette nascoste e deserte, miniere abbandonate, dune sabbiose che ricordano un deserto africano, chiesette romaniche nel mezzo del nulla, paesetti appartati dove ancora circolano figure femminili ammantate di nero.
Meglio evitare, comunque, gli itinerari più sfruttati. La Costa Smeralda, un'occhiata e via, per esempio. E pensare che proprio lì il famoso Aga Khan acquistò per quattro soldi da contadini ignari o dimentichi di avere fra le mani un angolo di paradiso un tratto di costa di una bellezza da levare gli occhi, prima che ci costruissero in modo intensivo e prima che ci arrivasse Berlusconi.
Dopodiché, prima o poi toccherà alla Sicilia.

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