giovedì 16 giugno 2011

Ce l'abbiamo fatta

Ce l'abbiamo fatta.

A mente fredda, dopo la sbornia dei numeri nella giornata di domenica (con quel 41% delle 22 che era già un anticipo di vittoria), mi viene da pensare che non si sia trattato solo di un riflesso emotivo dopo il disastro di Fukushima, con il nucleare che trascina gli altri quesiti. Certo, quel tragico evento ha inciso, così come incise Chernobyl nell'altro referendum che cancellò le centrali nucleari italiane nel 1987, ma probabilmente da solo non sarebbe stato sufficiente per raggiungere il quorum.
No, questa volta si può dire che è stata la prima, grande affermazione della rete. Imbavagliato da una censura strisciante, da una informazione incompleta (quando non assente, quando non mendace), dall'apparente impossibilità di far valere la sua voce di fronte alla prepotenza e all'arroganza di questa politica (nessuno o quasi escluso), il popolo della rete si è mobilitato come non mai. Quel continuo passaparola, quel tam tam incessante, quell'esplodere della fantasia, potevano essere possibili solo in forma virtuale. Ma che concretezza, però, che formidabile strumento di comunicazione e di informazione. Libero, per di più, per sua stessa natura insofferente di qualsiasi limitazione, e impossibile a essere limitato. Nessuno, nemmeno Paperon de’ Berlusconi può comprare la rete. E d'ora in avanti questi signori, questi impudenti, sprezzanti, volgari accaparratori di poltrone e di prebende dovranno fare i conti con questo nuovo avversario.
Me li immagino che gongolavano, sicuri che il quorum non sarebbe stato raggiunto, pronti a dire all'elettore bastonato che per l'ennesima volta aveva fatto perdere tempo e soldi a tutta l'Italia. Pronti, magari, a cancellare questo sciagurato istituto del referendum, che tanto le leggi ci pensano loro a farle, come meglio gli aggrada.

E poi la bastonata sui denti, la rabbia mascherata, forse la paura. Intravedo spiragli che solo un mese fa mi sarei solo sognato.


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