Ce
l'abbiamo fatta.
A
mente fredda, dopo la sbornia dei numeri nella giornata di domenica (con quel
41% delle 22 che era già un anticipo di vittoria), mi viene da pensare che non
si sia trattato solo di un riflesso emotivo dopo il disastro di Fukushima, con
il nucleare che trascina gli altri quesiti. Certo, quel tragico evento ha
inciso, così come incise Chernobyl nell'altro referendum che cancellò le
centrali nucleari italiane nel 1987, ma probabilmente da solo non sarebbe stato
sufficiente per raggiungere il quorum.
No, questa volta si può dire che è stata la prima, grande affermazione della
rete. Imbavagliato da una censura strisciante, da una informazione incompleta
(quando non assente, quando non mendace), dall'apparente impossibilità di far
valere la sua voce di fronte alla prepotenza e all'arroganza di questa politica
(nessuno o quasi escluso), il popolo della rete si è mobilitato come non mai.
Quel continuo passaparola, quel tam tam incessante, quell'esplodere della
fantasia, potevano essere possibili solo in forma virtuale. Ma che concretezza,
però, che formidabile strumento di comunicazione e di informazione. Libero, per
di più, per sua stessa natura insofferente di qualsiasi limitazione, e
impossibile a essere limitato. Nessuno, nemmeno Paperon de’ Berlusconi può
comprare la rete. E d'ora in avanti questi signori, questi impudenti,
sprezzanti, volgari accaparratori di poltrone e di prebende dovranno fare i
conti con questo nuovo avversario.
Me li immagino che gongolavano, sicuri che il quorum non sarebbe stato
raggiunto, pronti a dire all'elettore bastonato che per l'ennesima volta aveva
fatto perdere tempo e soldi a tutta l'Italia. Pronti, magari, a cancellare
questo sciagurato istituto del referendum, che tanto le leggi ci pensano loro a
farle, come meglio gli aggrada.
E
poi la bastonata sui denti, la rabbia mascherata, forse la paura. Intravedo
spiragli che solo un mese fa mi sarei solo sognato.
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