martedì 19 aprile 2011

Dopo il secondo ricovero

Rieccomi qua.

Rientrato a casa dopo meno di una settimana di ospedale.  Sto bene, sono un po' fiacco, ma è più che normale. Devo stare a riposo, nel senso che non posso fare sforzi, sollevare pesi, guidare la macchina per lunghe distanze eccetera, ma per il resto posso fare quasi tutto. Infatti sono già tornato al lavoro. Che ci volete fare? Qualcun altro ne avrebbe approfittato per farsi una settimanella di vacanza in più, ma io sono fesso e certe cose non le faccio.

L'esperienza di Ancona è stata analoga a quella dell'anno scorso a Bracciano. Non solo perché la tipologia dell'intervento era molto simile, ma perché simili sono stati il prima e il durante, simile la permanenza nel letto d'ospedale, simili le storie e i personaggi che mi sono capitati in sorte. Diverso, invece, il vitto, decisamente migliore.

E diverso, tutto sommato anche il mio approccio. Quest'anno sapevo ciò che mi aspettava, almeno nelle sue linee generali. Nessun panico, dunque, quando sono entrato in sala operatoria. Anzi, ho affrontato la situazione da sveglio, dalla vita in su, e visto che c'ero ho sbirciato sul  monitor quello che succedeva dentro il mio corpo, dove il resettore riduceva in trucioli la prostata come un tronco in una segheria. Ho anche scoperto di avere un po' superato quella atavica paura degli aghi, al punto che adesso mi faccio da solo le iniezioni sulla pancia (siringhe con gli aghi piccoli, però, quelli da insulina).

Certo l'età media dei pazienti superava abbondantemente i sessant'anni, e nessuno era lì per farsi una vacanza. Ma si tratta pur sempre di un ospedale geriatrico, dunque che ci si può aspettare?

Il personale è stato decisamente all'altezza, comprese le infermiere, che all'inizio mi sembravano un po' scostanti, ma che poi si sono rivelate anche loro carine ed efficienti. Ricordo con piacere Anna Pia (una delle tante pugliesi in servizio ad Ancona), la non più giovanissima Ada, Milena (colombiana) e fra i maschi, Luigi e Francesco, ambedue di San Marco in Lamis, che a sentirli parlare sembrava di sentire il Lino Banfi di una volta.

Naturalmente ho trovato anche lì il modo di fumare: c'era una scala antincendio a pochi metri dalla mia camera e il bel tempo ha fatto il resto. Però ne ho approfittato non per smettere, che al momento sarebbe impossibile, ma per ridurre drasticamente il fumo. Praticamente ho dimezzato. Ditemi bravo.

Ho anche, per quei pochi che non lo sapessero, postato regolarmente una sorta di diario su Facebook. E in questo caso devo riconoscere l'utilità di questo strumento per comunicare con più persone, saltando a pie' pari la posta elettronica e il telefonino. Facilissimo, economico, rapido, e in fondo anche divertente.

Adesso mi godo un altro periodo relativamente tranquillo. Le mie disavventure non finiscono certamente qui, ma ho imparato a vivere alla giornata godendo di ciò che ho qui e adesso, o al massimo domani. Il futuro viene dopo.


Nessun commento:

Posta un commento