martedì 5 ottobre 2010

Sto per andare in letargo

Ottobre è cominciato all'insegna del bel tempo, settembre non era stato male. Certo, ogni tanto piove, ogni tanto il cielo si rannuvola, ma le temperature si sono sempre mantenute su valori accettabili, non c'è ancora bisogno di tirar fuori i maglioni di lana (nel mio caso le felpe tipo pile, che la lana mi fa sentire troppo caldo). Però...

Però la bella stagione è finita e questo si capisce da tante cose, prima di tutto dal progressivo accorciamento delle ore di luce. In campagna poi si vede anche dalle foglie che cadono, dal colore di certe piante, da quel sottile velo di umidità che pian piano si depone sulle cose.
Da alcuni anni a questa parte sono diventato metereopatico. Non vedo l'ora che arrivi l'estate, poi quando arriva se ne va in un attimo e in questo periodo mi ritrovo sempre a pensare che mi aspettano cinque/sei mesi (se va bene) di umor malinconico.

Tutti i giorni vado a vedere il meteo di Sky per controllare se c'è qualche imminente calo di temperatura all'orizzonte, se pioverà, se sarà nuvoloso. Sto diventando paranoico, direi. Il fatto è che in campagna l'inverno è ancora più triste che in città. Quando vedo il prato, fino a qualche settimana fa di un bel verde brillante, che comincia a ingiallire, quando noto che i gatti dormono già appiccicati l'uno all'altro, quando la mattina esco fuori e mi accoglie un frescolino che a luglio avrei anche apprezzato, quando il bagnato sui mattoni non si decide mai ad asciugarsi, quando sotto le scarpe mi ritrovo brandelli di fango... ecco, è il momento in cui il cambio di stagione mi aggredisce in tutta la sua violenza.

Come dico spesso, un po' per celia ma mica tanto, è quasi ora di andare in letargo. Meglio sarebbe se potessi andarci veramente, come fanno certi animali. Mi risveglierei col tepore del primo sole e risparmierei sul riscaldamento.

Oppure vorrei essere un cactus, come affermava il personaggio di un romanzo di Philip Dick (uno scrittore che ne ha inventate, di cose...). Starmene lì senza fare niente. Crescere, semmai, ma senza muovermi, senza mangiare, senza respirare. E in primavera tornare uomo.

Se poi per miracolo allora Berlusconi non ci fosse più, sarebbe il massimo.

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