mercoledì 21 novembre 2007

Il mio gatto Robin

Fra i miei tanti gatti ce n'è uno che è cieco. Si chiama Robin. E' stato quello che si dice un pietoso caso... felino. Alcuni anni fa bisognava sgombrare il cortile di una casa in cui si era insediata una colonia di gatti. Fra questi c'era lui, poverino, già cieco, e nessuno lo voleva. Così un amico di Francesco, Fabrizio (anche lui animo sensibile) mi telefonò e mi spiegò la faccenda. Bene, gli dissi, portalo pure qui, tanto... gatto più gatto meno.

Così me lo portò e io lo lasciai subito libero di andare dove voleva. All'inizio non usciva mai di casa, era timidissimo e se ne stava sempre per i fatti suoi. Poi, poco a poco, ha preso coraggio, e adesso se ne va tranquillamente in giro per tutto il giardino, con tutti i tempi. E ritrova invariabilmente la via della porta di casa senza problemi.

Ogni tanto mi incanto a guardarlo mentre cammina. Sembra incredibile, ma non sbatte mai da nessuna parte. Avverte gli ostacoli con le vibrisse (vabbè, non parliamo difficile, diciamo con i baffi) e un attimo prima di urtare si scosta. Cammina anche abbastanza veloce, lungo certi itinerari che conosce bene. Certo, ogni rumore lo spaventa, anche quando si tratta di me: si gira a guardarmi con quegli occhi vuoti che mi fanno tanta tenerezza e cerca di captare l'eventuale pericolo. Prova addirittura a scappare, se cerco di prenderlo, almeno all'inizio. Poi, dopo qualche carezza, si calma. In compenso non l'ho mai sentito miagolare. Forse è anche muto, chi lo sa.
Storie di gatti. Ne avrei tante da raccontare. William Burroughs ha scritto un libro sull'argomento (Il gatto in noi) e Burroughs non è uno scrittore qualsiasi. Io non ho la pretesa di essere lui, ma forse prima o poi lo scriverò anch'io un libro sui gatti. Ho già pronto il titolo: Un gatto per tutte le stagioni.

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