Venerdì 17.
Chi è superstizioso oggi si
gratta, o magari non esce nemmeno di casa. Nei paesi anglosassoni, invece, se
ne fregano, perché per loro il giorno sfortunato è il venerdì 13.
Ma da dove viene questa credenza, tra l'altro così radicata?
La spiegazione più accreditata è
che il suo equivalente in numeri romani (XVII) anagrammato formi la parola
VIXI, cioè ho vissuto, e adesso sono morto. Un po' fiacchetta, come
spiegazione.
Un'altra si lega invece alla data di venerdì 17 ottobre 1307, in cu Filippo il
Bello fece trucidare i cavalieri templari. Anche questa mi sembra un po' tirata
per le orecchie. Chissà quanti avvenimenti positivi si sono verificati in
qualche venerdì 17, ma nessuno ne ha mai parlato.
Altri sostengono che il diluvio
universale, secondo l’Antico Testamento, iniziò il 17° giorno del secondo mese,
ma qui siamo nel campo della fantasia, o quasi.
Insomma, tirando le conclusioni,
non esiste un motivo valido per ritenere sfortunato il giorno di venerdì 17. E'
un mito nato chissà quando, chissà dove e chissà per quale strampalata ragione.
Così come tanti altri: il gatto nero che ti attraversa la strada, lo specchio
rotto che porta jella, o la scala sotto la quale non si deve passare.
Storielle popolari, per dirla
tutta, di quelle che una volta si raccontavano nelle fredde sere d'inverno
quando non c'era un cavolo da fare.
Io non sono superstizioso.
Ritengo che una persona intelligente e razionale non dovrebbe esserlo, ma
naturalmente tutti sono liberi di comportarsi come credono. Oppure di far
proprio il titolo della commedia di Eduardo De Filippo: Non è vero ma ci credo.
Che poi è forse il modo migliore di salvare capra e cavoli.
Poi magari il destino deciderà
che debba morire un venerdì 17, ma a quel punto non credo che me ne importerà
più molto.
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