Che scrivete quando non avete niente da scrivere? Niente, appunto. Ecco, io sono bravissimo a scrivere di niente. Lo facevo a scuola, quando allungavo il brodo dei temi per arrivare almeno alla quarta facciata e per farli sembrare più profondi (qualche volta lo erano, dipendeva dalla qualità dell'ispirazione). Lo facevo quando scrivevo di cinema e magari dovevo parlare di un film brutto ma siccome non si può dire che un film è brutto e basta, allora bisogna inventarsi tutta un'architettura verbale per esprimere lo stesso concetto in modo diverso e più elegante. E lo faccio ancora adesso, qualche volta, se mi capita di dover scrivere qualcosa che proprio non mi esalta (tipo quando ti dicono "mi servono quattro pagine sul tale argomento", del quale non ti interessa una beneamata minchia), ma sono costretto a farlo lo stesso. La lingua italiana è così ricca di vocaboli e di locuzioni che davvero c'è solo il problema della scelta.
Ma
la vuotezza di contenuti è anche una pratica diffusa in molti degli scrittori
di oggi, anche in quelli che vanno per la maggiore. Non faccio nomi, per
carità, ma ce ne sono alcuni che davvero si scrivono addosso, e alla fine del
libro uno si domanda: embè? Che ha detto? Di che mi ha parlato? Di niente,
infatti, ma lo ha fatto con una tale leggerezza, con una così sapiente scelta
lessicale e sintattica che sembra abbia scritto un trattato filosofico. Forse è
per questo che sugli scaffali delle librerie ci sono troppo libri. Ma basta con
questi scrittori adolescenti, con le notti prima degli esami, con i romanzetti
fantasy che spuntano a ogni pie' sospinto, con le storie minimaliste di
banalità quotidiane che non interessano a nessuno, con i tormentoni
psicologico-amorosi, le rimasticazioni dell'adolescenza che fu, i ricordi della
guerra, i diari tirati fuori dal cassetto. Basta, apriamo un po' le finestre e
facciamo prendere aria alla stanza....
Ecco,
vedete? Ero partito con la testa vuota come una zucca e mi sono ritrovato come
per miracolo a mettere insieme un discorso un po' polemico, se vogliamo, ma di
una certa sostanza. Certe volte basta davvero limitarsi a prendere la penna (o
la tastiera) in mano, e il soffio della creazione sgorga da solo. Provare per
credere.
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