Fra i miei tanti gatti ce n'è uno che è cieco. Si chiama Robin. E' stato quello che si dice un pietoso caso... felino. Alcuni anni fa bisognava sgombrare il cortile di una casa in cui si era insediata una colonia di gatti. Fra questi c'era lui, poverino, già cieco, e nessuno lo voleva. Così un amico di Francesco, Fabrizio (anche lui animo sensibile) mi telefonò e mi spiegò la faccenda. Bene, gli dissi, portalo pure qui, tanto... gatto più gatto meno.
Così
me lo portò e io lo lasciai subito libero di andare dove voleva. All'inizio non
usciva mai di casa, era timidissimo e se ne stava sempre per i fatti suoi. Poi,
poco a poco, ha preso coraggio, e adesso se ne va tranquillamente in giro per
tutto il giardino, con tutti i tempi. E ritrova invariabilmente la via della
porta di casa senza problemi.
Ogni
tanto mi incanto a guardarlo mentre cammina. Sembra incredibile, ma non sbatte
mai da nessuna parte. Avverte gli ostacoli con le vibrisse (vabbè, non parliamo
difficile, diciamo con i baffi) e un attimo prima di urtare si scosta. Cammina
anche abbastanza veloce, lungo certi itinerari che conosce bene. Certo, ogni
rumore lo spaventa, anche quando si tratta di me: si gira a guardarmi con
quegli occhi vuoti che mi fanno tanta tenerezza e cerca di captare l'eventuale
pericolo. Prova addirittura a scappare, se cerco di prenderlo, almeno
all'inizio. Poi, dopo qualche carezza, si calma. In compenso non l'ho mai
sentito miagolare. Forse è anche muto, chi lo sa.
Storie di gatti. Ne avrei tante da raccontare. William Burroughs ha scritto un
libro sull'argomento (Il gatto in noi) e Burroughs non è uno scrittore
qualsiasi. Io non ho la pretesa di essere lui, ma forse prima o poi lo scriverò
anch'io un libro sui gatti. Ho già pronto il titolo: Un gatto per tutte le stagioni.
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