L'ultima volta ho scritto una fesseria. In realtà non era passato tanto tempo, ma a me sembrava così. Boh, forse perché stavo male, e avevo perso la cognizione del tempo.
In realtà, da un po' di tempo mi capita spesso. Ci sono delle occasioni in cui
non mi ricordo che giorno è e devo andare a controllare il calendario. Altre
volte, invece, mi rendo conto di quanto corra veloce il tempo, per esempio
quando all'improvviso scopro che è passato un anno da quando ho pagato, che so,
il bollo della macchina o la tassa sulla televisione, e non me ne sono nemmeno
accorto.
Una volta chi ci faceva caso, al passare del tempo? Ti sembrava di avere tutta
la vita davanti a te, e la vita stessa era più varia, più ricca. Oggi invece è
fatta di tante cose che si ripetono sempre uguali, di scadenze che si
ripropongono periodicamente, in una sorta di replay.
Mi
ricorda un romanzo che ho tradotto ultimamente, che si chiama appunto Replay
(di Ken Grimwood), in cui un quarantacinquenne muore per un infarto e si
ritrova misteriosamente a rivivere la sua vita ricominciando dai vent'anni, ma
con tutti i ricordi degli eventi avvenuti successivamente. Lui sa, per esempio,
che il 21 novembre 1963 Oswald attenterà alla vita di Kennedy, e cerca di
impedirlo. Sa anche chi vincerà le Golden Series di football, scommette e
diventa ricchissimo. Giunto un'altra volta a quarantacinque anni muore di
nuovo, e ricomincia la sua vita di ventenne, con l'esperienza di una vita in
più.
Che
cosa faremmo se potessimo rivivere la nostra vita con l'esperienza e le
informazioni che abbiamo accumulato? Alzi la mano chi non si è mai posto questa
domanda. Il romanzo offre qualche risposta, ma la risposta migliore secondo me
è che bisogna vivere la propria vita, soprattutto da una certa età, guardando
avanti e non indietro. Come se potesse essere eterna.
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